Nella ricerca e nella prevenzione della malattia o, più esattamente, della sindrome d’Alzheimer, inizia una nuova era. Non nella terapia, perché la pillola miracolosa non esiste e la demenza, una volta iniziata, è incurabile e peggiora fino al decesso. La nuova era è iniziata con la prova dell’efficacia della prevenzione, corroborata da dati epidemiologici su vastissima scala raccolti ed analizzati con rigore. La demenza non si cura, ma con la prevenzione disciplinata della condotta di vita si pensa di ridurne il rischio fin del 60%.
Di più non si può raggiungere, perché circa un quarto delle demenze senili è provocato da una limitata età dei neuroni geneticamente determinata. Dopo quasi un trentennio di ricerche su amiloidi e fibrille nel cervello, ritenute causa della demenza, si è giunti alla certezza che l’obiettivo era sbagliato. Si co-battevano le beta-amiloidi, che non sono la causa della demenza, come già aveva sostenuto nel 1911 Alois Alzheimer, che per primo le aveva descritte cinque anni prima. Beta-amiloidi (proteine di scarto) si trovano fra i neuroni e fibrille dentro i neuroni nella maggioranza dei cervelli a partire dai 40-45 anni, e anche prima, senza segni di demenza o di decadimento cognitivo. La ricerca sull’Alzheimer senza descrizione plausibile della realtà, che per anni ha riempito pagine di riviste specializzate, da tempo non era e non è scienza ma moda, fede e spesso fantasia. La teoria degli amiloidi, scrisse il presidente della campagna mondiale contro l’Alzheimer, è «accettata per ragioni di fede e non per evidenza». L’eretico aveva difficoltà a trovare fondi per la ricerca e a pubblicare lavori.
Neuropatologi di fama riassumono lo stato attuale come segue: 1. Nel cervello di persone sane di mente ci possono essere amiloidi e fibre in quantità. 2. Ci sono dementi senza placche e fibre nel cervello. 3. Dimensioni e progressione di amiloidi e fibre non sono correlate al peggioramento cognitivo. 4. La comparsa di amiloidi, a qualunque età, non è il preannuncio della demenza. Ciononostante persone che hanno dementi in famiglia o che sono spaventate perché dimenticano qualcosa sono spesso sollecitate alla diagnosi precoce, cioè alla ricerca nel cervello di amiloidi e fibre, prima che insorgano disturbi cognitivi. Si anticipa l’angoscia di una condizione che in tre quarti delle persone con amiloidi e fibre nel cervello non insorgerà mai. Le diagnosi precoci sono inutili ed eticamente insostenibili. La demenza senile non è una malattia monocausale, ma una sindrome, dovuta a più malattie che danneggiano il cervello. La durata della vita è un fattore genetico, ma quanto effettivamente si vive all’interno di quello spazio di tempo dipende dallo stile di vita e dall’ambiente, cioè da fattori epigenetici.
Una delle prime conferme dell’importanza dei fattori epigenetici nell’insorgenza della demenza fu la riduzione, dal 1982 al 1999, delle malattie cardiovascolari del 50% negli Stati Uniti: essa, dovuta verosimilmente ad una maggior informazione, era andata di pari passo con la diminuzione dell’incidenza di nuovi dementi. Lo stesso in altri paesi.
La buona circolazione sanguigna è essenziale per la salute del cervello e il suo disturbo predispone alla demenza. Essenziale è la pressione arteriosa: essa, a partire dai 40-50 anni, può salire senza sintomi, finché non arriva il primo danno, a volte tragico. Da qui la raccomandazione a tutti i quarantenni di controllare la pressione del sangue regolarmente. Molti dementi sono ipertesi. Analoga attenzione vale per la dieta, il peso del corpo, il diabete, l’attività fisica, ed altri fattori da tener sotto controllo. Il rischio della demenza di tutte le droghe, marijuana compresa, di alcol e tabagismo, è enorme. Non possiamo curare la demenza, ma sappiamo come diminuirne il rischio.
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