È una strana mescolanza di generi Bacurau di Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles, in concorso oggi alla 72esima edizione del festival del cinema di Cannes. I due registi brasiliani raccontano una storia di resistenza e di protesta anticapitalista, mescolando realismo magico, surrealismo e western.
Bacurau è un paesino sperduto nel nulla del Brasile che piange la morte della sua matriarca, Carmelita, mancata all’età di 94 anni. Una figura carismatica che teneva le fila della rivolta del villaggio contro il politico locale, Tony Jr (Thardelly Lima), manovrato da ignoti poteri forti, responsabili di aver tolto al villaggio l’accesso all’acqua. L’obiettivo è far sgomberare il paese, ma Bacarau si arma di testardaggine e da quando la lotta è in atto, invece di spopolarsi, il piccolo centro, un pugno di case, vede il ritorno di chi se n’era andato.
Una delle rivoltose è Sonia Braga (Dominga), star delle telenovelas brasiliane, incanutita e smagrita, ma con un piglio ferreo. È la dottoressa del paese, o forse solo un’anziana guaritrice, ma certo una capopolo, rimasta orfana della compagna di battaglie, Carmelita. Attorno a lei gravitano Plinio (Wilson Rabelo), sposo di Carmelita, Teresa (Barbara Colen), nipote di Carmelita, Acacio, soprannominato Pacote (Thomas Aquino), e il guerriero Lunga (Silvero Pereira), che controlla la diga a monte del villaggio. Resistono assieme contro chi li asseta.
Ma cominciano ad accadere strane cose: nello stesso giorno Bacurau sparisce dalla mappa satellitare e vengono trovati i corpi di uomini, donne, vecchi e bambini, crivellati di colpi.
È il diavolo? Sono le streghe? Purtroppo si tratta di uomini e donne reali, che prendono ordini da non si sa chi attraverso un auricolare. Sono individui disturbati, che hanno fatto del loro risentimento e della loro frustrazione una battaglia. Piace loro vestirsi in mimetica, giocare alla guerra con armi sproporzionate rispetto agli abitanti disarmati del villaggio.
La prima parte del film è quasi interlocutoria, con uno stile vintage, dai titoli di coda agli stacchi tra una scena e l’altra. Nonostante sia chiara fin dall’inizio la dinamica narrativa, c’è qualcosa che costringe lo spettatore a star attaccato alla sedia. Lentamente i particolari dell’intreccio diventano surreali tanto sono splatter e le imprese dai toni cosi supereroici da risultare comiche. Così il film si anima, costringe alla risata, alla compassione e alla partecipazione al fianco dei resistenti. Uno stile a metà tra la fiaba nera e il fumetto.
Kleber Mendonça Filho aveva già portato a Cannes Aquarius (2016), dove la protagonista era ancora una volta Sonia Braga (allora Cannes impazzì per questa scelta) nei panni di Clara,
l’ultima inquilina che rifiuta di vendere il proprio appartamento in un palazzo per il resto acquistato da un’impresa di
costruzioni che vuole demolirlo per edificare uno stabile moderno per ricchi.
Il film aveva creato scalpore in Brasile, dove si viveva un momento di crisi politica feroce, finita con la destituzione
del Presidente Dilma Rousseff. Al Festival di Cannes il cast si era schierato a favore della presidente destituita. Aquarius pagò venendo escluso dalle candidature brasiliane agli Oscar.
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