Il cinema francese continua a parlare d'attualità, concentrandosi sugli scontri e le violenze che caratterizzano le città
transalpine: dopo «Les Misérables» di Ladj Ly, primo film “di casa” presentato in concorso a Cannes, è arrivato ora il turno di «Roubaix, une lumière», firmato da Arnaud Desplechin.
Al centro della trama c'è il commissario Daoud, che vive la sua esistenza fronteggiando criminali di varia natura. Per lui,
ogni indagine viene presa con il massimo della serietà e del trasporto emotivo, cercando di proteggere quella città in cui
è cresciuto e a cui, nonostante la sua famiglia sia tornata in Algeria, si sente profondamente legato.
Non è un caso che fin dal titolo sia nominata Roubaix, vera e propria protagonista della pellicola: tra le città più povere di Francia, con un altissimo tasso di disoccupazione
e, di conseguenza, di criminalità.
Roubaix, però, è anche la città in cui è nato il regista Arnaud Desplechin e si sente nel corso della pellicola un grande
coinvolgimento dell'autore nei confronti dei fatti (e, soprattutto, dei luoghi) che vengono raccontati.
In questo poliziesco notturno, Desplechin gioca con le luci fin dalle primissime immagini, siano esse provenienti dalle finestre
delle case o dai fanali delle automobili, o persino dalle fiamme di un incendio che sarà il primo motivo d'indagine della
pellicola.
Non è semplicissimo trovare un'impronta stilistica personale e unitaria nel cinema del regista francese, che spesso nella sua carriera alterna forme e generi differenti: dal drammatico
«Racconto di Natale» del 2008 (ancora oggi il suo film migliore) al melò de «I miei giorni più belli» (2015), fino al più
misterioso «I fantasmi d'Ismael» (2017), Desplechin tocca tanti registri, a volte rischiando di finire sopra le righe.
In questo caso, la musica è probabilmente troppo invasiva e alcune scelte visive sono fin troppo convenzionali, ma «Roubaix,
une lumière» ha uno spessore narrativo non indifferente, oltre che contenuti importanti su cui riflettere.
Col passare dei minuti, inoltre, l'attenzione si sposta sull'omicidio di un'anziana donna e nella seconda parte il ritmo cresce
nettamente, grazie a un montaggio incisivo e alle diverse scene di interrogatori che riescono a tenere alto il coinvolgimento
dello spettatore.
L'elemento più interessante è però la costruzione dei personaggi, scritti efficacemente (il regista è anche l'autore del copione),
siano esse le figure principali della vicenda o quelle semplicemente secondarie.
Davvero notevolissimo è in particolare il commissario Daoud, poliziotto di grande umanità che risulta uno dei protagonisti
più profondi e memorabili della filmografia di Desplechin. Straordinaria la prova dell'attore Roschdy Zem, che potrebbe puntare addirittura al premio come miglior attore della kermesse. Ci sono altri volti noti nella pellicola
(tra cui Léa Seydoux), ma Zem è nettamente il più incisivo di tutti grazie a una recitazione controllata e intensissima allo stesso tempo.
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