Cultura

Munch, il suo grido disperato al British Museum

  • Abbonati
  • Accedi
arte

Munch, il suo grido disperato al British Museum

Una sera del 1892 il diciannovenne Edvard Munch stava camminando lungo un sentiero a Ekeberg, sopra Kristiania, l'attuale Oslo, quando ha notato che il cielo era diventato rosso sangue, come consumato da lingue di fuoco. “Era come se la natura stesse urlando”, ha poi ricordato.

La vista gli ha provocato un'indicibile angoscia, un violento attacco di panico che ha poi ispirato “L'Urlo”, una delle immagini più riconoscibili della storia dell'arte, diventata simbolo universale dell'angoscia di vivere.
“Love and angst” è il titolo della mostra del British Museum che punta a scavare nella vita di Munch per approfondire la conoscenza della sua opera, andando oltre i luoghi comuni.
Munch oggi è noto come pittore, ma in vita era diventato celebre soprattutto per la sua abilità tecnica come incisore e per la sua creatività nell'introdurre il colore nelle litografie e nel tagliare e poi ricomporre i blocchi di legno.
Oltre a numerosi quadri, disegni e foto il British Museum presenta 50 stampe e litografie, in prestito dal Munch Museum di Oslo, alcune anche con le loro rarissime matrici originali. L'artista chiamava le sue opere i suoi figli e appena ne vendeva una ricreava l'immagine per sostituirla. Immensamente prolifico, ha lasciato 40mila opere, metà delle quali sono a Oslo.
La litografia originale dell'Urlo è una rivelazione: l'immagine in bianco e nero, ridotta all'essenziale, senza la distrazione del colore, ha un impatto emotivo ancora maggiore. Sul bordo la scritta “Ho sentito un urlo infinito attraversare la natura”.

Esperienze personali e traiettoria artistica sono indissolubili nel caso dell'artista norvegese, come scrisse lui stesso: “Da che mi ricordo ho sofferto un profondo senso di angoscia che ho cercato di esprimere nella mia arte”. Ogni singola opera è riconducibile a un trauma o a un momento importante della sua vita.
Malattia e morte hanno segnato la sua infanzia. Il celebre quadro “La bambina malata”, presente in mostra assieme alla stampa, ricorda la morte per tubercolosi dell'amatissima sorella Johanne Sophie quando aveva 14 anni. La madre era morta della stessa malattia quando Munch aveva 5 anni.
L'ombra della morte e lo strazio del dolore sono presenze ricorrenti nelle opere dell'artista. In una litografia accanto alla fanciulla vestita di bianco c'è una figura spettrale senza volto vestita di nero. In un altro una giovane donna abbraccia la morte, più potente dei simboli di vita – spermatozoi e feti – sul bordo del quadro. La morte ci accompagna ovunque, pronta a colpire. “La vita è una strada tortuosa alla fine della quale c'è la tomba”, scrisse.
L'amore, altro grande tema dell'arte di Munch, è sempre tormentato dalla gelosia e dalla sofferenza. L'immagine della donna che si piega verso il collo dell'uomo si chiama “Vampiro”. “Gelosia” mostra un uomo con gli occhi sbarrati e l'aria disperata, con sullo sfondo la donna che ama che sorride a un altro.
La mostra riunisce per la prima volta l'autoritratto del 1902 con Tulla Larsen, il più duraturo dei suoi molti tempestosi amori. Durante uno dei tanti litigi Munch aveva sparato un colpo di pistola, ferendosi un dito (ci sono anche i raggi X della mano) e i due si erano separati. L'artista aveva tagliato in due la tela, per dividersi per sempre dalla Larsen, che con i lunghi capelli rossi resta però una presenza ricorrente, donna-simbolo in molte delle sue opere.
Un bellissimo ritratto di Henrik Ibsen, volto intenso sullo sfondo di un sipario nero, ricorda quando Munch si sia ispirato ai temi tragici del drammaturgo, follia e tradimento, gelosia e angoscia, illustrando anche i programmi di sala per le sue rappresentazioni teatrali.
Nel 1889 a Berlino Munch aveva scritto il suo manifesto artistico: “Vogliamo creare o almeno porre le fondamenta di un'arte che dia qualcosa all'umanità, un'arte che colpisca e coinvolga, un'arte scaturita dal profondo del cuore”. Missione compiuta.
Edvard Munch: love and angst
Fino al 21 luglio 2019
British Museum, Londra
www.britishmuseum.org/Munch

© Riproduzione riservata


>