Nella foto appare nella sua florida bellezza. Un morbido nodo di capelli, la carnosa silhouette avvolta in veli grecizzanti. E' l' “adorabile” Isadora, in tutto il fulgore del mito che l'accompagna da quando, lasciato il Nuovo Mondo, è approdata in Europa, vagheggiando di riportarla all'Età dell'Oro con le sue danze fatte di impulsi del corpo, di palpiti e vibrazioni. La dedica al destinatario della foto, il pittore livornese Plinio Nomellini, oscura però quel fulgore e rivela la tragedia che tormenterà gli ultimi quattordici anni della sua vita: “L'Olimpo lentamente si trasforma in Calvario” scrive infatti la Duncan.
E' l'estate del 1913: pochi mesi prima i figli Deirdre, avuta dal regista Gordon Craig e Patrick, nato dall'industriale Paris
Singer, sono morti tragicamente; e Isadora smarrita e disperata vive il suo lutto in Versilia, accolta da Eleonora Duse. Qui
Nomellini riesce a ritrarla in corsa sulla riva del mare che Isadora tanto ama: un drappo rosso gonfiato dal vento, le onde
che si frangono sulla battigia. Colori accesi, ma non veramente squillanti -come se fosse catturato un tramonto, o piuttosto
le tinte sfocate di quelle giornate uggiose tipiche delle Apuane quando si copre il cielo. Nonostante si titoli Gioia tirrena
si indovina una certa malinconia nella creatura che vola in riva al mare. O è la lettura della dedica che suggestiona la visione
del quadro? Forse.
Ma nell' esposizione fiorentina Passi di Danza. Isadora Duncan e le Arti figurative in Italia tra Ottocento e Avanguardia a Villa e Museo Bardini, a mezza costa tra Ponte Vecchio e Forte Belvedere ( cura di Marta Flora Giubilei e Carlo Sisi, fino al 22 settembre) l'aspetto
biografico oltreché artistico della Duncan dà ulteriore sostanza alle opere che fanno da fulcro al progetto. Così il quadro
di Nomellini ( ora di proprietà di Silvio Berlusconi), e i bozzetti preparatori -dove si esplora con brevi tratti di matita
la dinamica della danzatrice e la qualità organica del movimento – idealizzano, sublimandola, una donna che oggi le immagini
reali di vecchie foto prese sulla battigia del Lido di Venezia o danzante nel giardino di Auguste Rodin, stranamente banalizzano.
E le sculture di Romano Romanelli fermano in eterno la conclamata sensualità della Duncan, catturata nell'inconfondibile posa
della testa abbandonata alla vertigine, ora nel nudo morbido e fiorente che sembra riaprirsi alla vita. A guardare bene però,
anche queste opere hanno una velatura di mestizia: è un eros, il loro, ammantato di dolore. Non a caso, per placare i morsi
del lutto, Isadora chiederà disperatamente proprio a Romanelli un figlio, concepito in Versilia in quello stesso 1913. Sarà
però una maternità nuovamente infelice: il bimbo morirà poche settimane dopo la nascita.
Se i lavori di Nomellini e Romanelli sono il focus artistico-drammatico della mostra, il progetto ripercorre meticolosamente le prime apparizioni e gli esiti della
Duncan in Europa e in Italia e soprattutto il suo legame con Firenze- dove visse con Gordon Craig e favorì, tra l'altro, la
realizzazione dell'allestimento simbolista di Rosmersholm per la Duse: a testimonianza vari documenti, lettere, telegrammi
(anche a D'Annunzio, chiamato “Luce d'Italia”). Ma insieme contestualizza la sua apparizione in una temperie artistica e filosofica pronta a
trovare nella spregiudicatezza utopistica dell'artista americana l'incarnazione di nuovi ideali. La danza 'istintuale' di
Isadora, pronta a rispondere a sollecitazioni intime piuttosto che a virtuosismi d'effetto rimanda ad analoghe scoperte artistiche
europee – basta pensare alla comunità di Monte Verità- e più in generale ad una tensione liberatrice, che coinvolge in primis
proprio le donne e soprattutto le artiste. Così ecco che accanto a lei, cogliamo ritratti e trasfigurazioni pittoriche di
nuove femminilità ( come l'immagine efebica di Lyda Borelli firmata da Giuseppe Amisani o il languore sensuale del nudo di
Cominetti), che dalle espressioni talvolte garrule del liberty assumono dopo la guerra linee più asciutte, tensioni più atletiche,
attitudini più “moderne”. Il mondo del resto sta cambiando. I futuristi annunciano baldanzosi una nuova danza di energia e
vigore. La ballerina di Depero è un turbine policromatico che esalta la velocità dei tempi nuovi: L'Olimpo di Isadora è oramai
totalmente perduto. Il suo stesso sogno si infrange, del resto, nel 1927, sulla Promenade des Anglais, a Nizza, dove la danzatrice
perde la vita, consegnandosi così al mito, come quelle divinità greche da lei così tanto emulate.
A Passi di Danza. Isadora Duncan e le Arti figurative in Italia tra Ottocento e Avanguardia a cura di Maria Flora Giubilei e Carlo Sisi. Villa e Museo Bardini Firenze 13 aprile-22 settembre 2019. Catalogo
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