Anne Frank avrebbe compiuto novanta anni il prossimo 12 giugno.
Cynthia Ozick nel suo Di chi è Anna Frank (La nave di Teseo 2019) ha fatto due affermazioni “azzardate” su di lei. La prima: «Se anche non avesse scritto il Diario, grazie a cui conosciamo Anne Frank, l'avremmo annoverata fra i più celebri autori»; la seconda: «Il Diario è considerato una testimonianza della Shoah; questo è soprattutto ciò che non è».
Non mi convincono, anche se c'è del vero in entrambe. Da una parte nei suoi scritti (ora raccolti in Tutti gli scritti, a cura di Frediano Sessi, Einaudi 2015), come nel Diario, Anne Frank dimostra una qualità letteraria di tutto rispetto. Dall'altra, nel Diario c'è la persecuzione, non c'è l'esperienza diretta della violenza della Shoah.
Ma nel Diario ci sono altri due aspetti (che non so quanto Cynthia Ozick veda) che testimoniano di qualcosa che a lungo è rimasto in ombra nel racconto della Shoah: da una parte l'esperienza femminile; dall'altra la voce diretta della prima adolescenza.
A lungo nelle storie dei massacri e delle persecuzioni il centro della scena è stato occupato dai maschi, sia tra i persecutori
che tra i perseguitati. La Shoah, invece, è anche sia una storia di donne, sia una storia di genere. Le donne hanno fatto la loro comparsa quando violenza ha voluto dire stupro o abuso. Abbiamo impiegato molti anni a rendercene
conto.
Non solo. Anne Frank è anche un'adolescente, figura che in prima persona non compare mai sulla scena degli stermini. Mel suo diario esprime in parole l'irruenza degli adolescenti e l'irrequietezza dell'età della crescita quando scopre il
sesso, il proprio corpo, l'amore e le passioni, la rivalità con la madre o la non sopportabilità della stessa.
Nel Diario c'è tutto questo anche se lo abbiamo scoperto lentamente. Perché la storia di quel testo e della sua protagonista, come ci
ha ricordato Sergio Luzzatto (Prima lezione di metodo storico, Laterza 2010) sta nei tempi con cui è stato possibile leggerlo nella sua interezza nel 1986, senza il pudore o le reticenze rispettose di Otto Frank, il padre, unico sopravvissuto di tutta la famiglia e curatore della
prima edizione nel 1947- una volta avuto tra le mani il mazzo di carte che erano rimaste nel nascondiglio dove la mattina del 4 agosto 1944 erano
entrate le SS.
Non era vero, come hanno sostenuto i negazionisti, che avevamo fino ad allora letto un falso. Si trattava di prendere la misura con una versione più articolata della violenza subita.
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