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«Operazione Schumann» per la Filarmonica di Milano

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La neo-nata orchestra

«Operazione Schumann» per la Filarmonica di Milano

LaFil-Filarmonica di Milano: inaugurazione del 31 maggio al Palazzo delle Scintille. Sul podio il direttore, Daniele Gatti (Foto: Gianfranco Rota)
LaFil-Filarmonica di Milano: inaugurazione del 31 maggio al Palazzo delle Scintille. Sul podio il direttore, Daniele Gatti (Foto: Gianfranco Rota)

Sarebbe stato un bel questionario, da distribuire all'uscita: conoscevi LaFil? No; conoscevi il Palazzo delle Scintille? No; conoscevi Schumann? No. O forse sì, certo. Ma non così. Non come è uscito - serrato e tumultuoso, inzuppato di rigore e insieme di passione - nella lettura delle Quattro Sinfonie dirette da Daniele Gatti: una galoppata nel cuore del romanticismo tedesco. Affidato a una neo-nata orchestra. E in un inaspettato spazio per la musica, 1.800 posti, all'interno di un imponente edificio degli anni Venti, già sede di parate automobilistiche e gare sportive.

Tutto è visionario, fantastico e forse anche un po' folle, in questo progetto di costruire a Milano squadra, luogo e pubblico: tutti nuovi, tutti insieme. Ma l'esordio, coi due primi concerti, è stato talmente trascinante e riuscito che merita di essere raccontato.

Il direttore, Daniele Gatti (Foto: Gianfranco Rota)

Per farlo bisogna partire dal centro. Perché i sogni per diventare veri hanno sempre bisogno di un punto saldo, dove mettere radici. In questo caso il motore propulsore del tutto è Milano, con la sua natura sfaccettata: in una storia che mette insieme i mondi della musica, dell'editoria e degli spazi di archeologia industriale. La parabola appena sbocciata di questa compagine, la Filarmonica di Milano (detta LaFil, nome veloce e sbrigativo come il passo dei milanesi) parte indietro, da oltre trent'anni fa. Allora, in Conservatorio, per una congiunzione astrale, come capita talvolta nelle scuole, si formò una squadra di allievi meravigliosi. Tutti strumentisti eccellenti, tanto bravi che finirono presto per diventare prime parti delle principali orchestre del nostro Paese: Scala, Accademia di Santa Cecilia, Torino Rai, Bologna, Venezia…

C'era allora un direttore, al Conservatorio di Milano, che si chiamava Marcello Abbado, primogenito dei quattro famosi fratelli (uno per tutti Claudio) oggi il sopravvissuto. Peccato, con le sue quasi 93 primavere, non sia riuscito a venire al debutto della Fil. Vi avrebbe ritrovato tanti dei suoi studenti. E soprattutto il pupillo, il più bravo di tutti: Daniele Gatti.

Il pubblico del Palazzo delle Scintille (Foto: Gianfranco Rota)

Per lui, Abbado direttore aveva inventato un'orchestra di talenti, la Stradivari, che rappresentò una autentica palestra di crescita professionale e umana. E l'aveva affidata come una scommessa a Gatti. Ecco: ai primi leggii della Fil, in questo fine settimana schumanniano, avvolti da una perfetta conchiglia acustica, al centro della grande arena Palazzo delle Scintille, col sapore della fabbrica abbandonata, tra gli svettanti grattacieli di City Life, c'erano ancora loro. Gli ex-ragazzi della Stradivari. Ovviamente sono come fratelli, ovviamente si chiamano per nome, tra di loro e col loro capo e amico: Daniele.

Non è una storia inventata. Anche se assomiglia a un film. Ma al di là dell'aspetto suggestivo – e unico – di questa vicenda, le radici antiche della Fil ne spiegavano la sostanza. Perché come tutti sappiamo, le orchestre non nascono dall'oggi al domani, bensì si formano nel tempo. Senza un collante in comune restano tanti leggii. Magari eccellenti, ma separati. Per diventare squadra, cioè gruppo, con una precisa identità, ci vuole soprattutto una guida.

Qui Gatti, di nuovo per fatale congiunzione astrale, ha ritrovato una propria orchestra ideale: un mondo di bravura e di affetti. Costruita per estensione, dove la rosa salda delle prime parti si estendeva alle spalle a una corona di una cinquantina di giovani, scelti tra i migliori diplomati di oggi. Così si è formato il gruppo. Saldo, compatto, di pronta omogeneità nel gesto d'assieme degli archi (base di qualsiasi orchestra); con un suono pieno, nell'affondo sinfonico; e soprattutto di identica bravura, dal centro fino alle estremità.

Sicuro dell'affidabilità della nuova creatura, in totale sintonia emotiva, Gatti ha spronato LaFil oltre i limiti della mera esecuzione. Arrischiando anche stacchi estremamente veloci, accanto a oasi di puro lirismo: squarci scalpitanti, tesi nelle quartine sgranatissime, accanto a tempi lenti di canto solistico. Il tutto richiesto con un gesto di straordinaria chiarezza ed efficacia. Quasi un racconto delle partiture (e tutto a memoria) per un ritratto dello Schumann sinfonico dove affioravano l'amore per Bach, per il Lied, per il pianoforte. Col mondo bucolico di Prima e ancor più Terza, appaiate, a fronte delle più astratte e contrappuntistiche Seconda e Quarta. Meraviglioso, in quest'ultima, il disegno a unica campata, senza cadute espressive; dove nel vigore delle sciabolate finali, di potenza teutonica, si faceva largo un ultimo temino delicato, quasi da “Kinderszenen”, lasciato respirare con tenerezza.

Nuova l'orchestra, nuovo lo spazio dei concerti, nuovo il pubblico. Festoso, entusiasta, in un clima da città aperta che ricordava le serate di una volta di MiTo. Prova ne erano quei benvenuti applausi dopo il primo tempo della “Sinfonia n.3”. Zittiti dai soloni, e invece così giusti per dire di una fetta di ascoltatori presenti per la prima volta a un concerto. Obiettivo centrato, dunque, per l'orchestra e per il suo mecenate e promotore, Luca Formenton, l'editore milanese, presidente del Saggiatore, che insieme a Gatti e ai musicisti si è lanciato in questa appassionante avventura.

In autunno si riparte con l'altra integrale, con le quattro Sinfonie di Brahms. Dettaglio significativo, notata una interessata delegazione cinese, tra la parata di sedie rosse. Segno che LaFil è già pronta al volo.

Schumann, Quattro Sinfonie; LaFil, direttore Daniele Gatti; Milano, Palazzo delle Scintille

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