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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2010 alle ore 15:41.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2010 alle ore 16:23.
Ci sono due visioni sulla situazione greca. La prima è che questo paese sia una vittima degli squilibri all'interno dell'Unione economica e monetaria: i cambi fissi e la politica fiscale tedesca prudente si riflettono in gravi disavanzi commerciali negli altri paesi. Da questa visione, secondo cui la Grecia è in qualche modo una "vittima", discende la conclusione che vada salvata. Qualunque merito abbia questa teoria per paesi come Portogallo e Irlanda, non vale per la Grecia: il disavanzo di partite correnti greco è il 12% del Pil, ed è esattamente uguale al disavanzo di bilancio pubblico. La Grecia si è creata i suoi problemi con una irresponsabile politica fiscale durata anni e anni.
La seconda posizione è dunque che la Grecia debba fare da sé. Si badi, è possibile farcela: "Just do it". In passato molti paesi hanno sistemato finanze pubbliche dissestate. Ma la Grecia non sembra voler o potere seguire questa strada. Il piano di rientro fiscale è troppo timido data la gravità della situazione.
Eppure due settimane fa il mercato accolse con favore l'accordo tra l'Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale sancito dall'incontro tra la Merkel e Sarkozy. Allora scrivemmo che quell'accordo era il più ragionevole possibile al momento; tuttavia esso conteneva «ancora qualche ambiguità di fondo, che verrà alla luce in futuro. ...cosa succederà se qualcuno si tirerà indietro? Inoltre i finanziamenti dovrebbero essere concessi a tassi non di favore, ma allora che differenza c'è con il prestito di una banca? Comunque la si voglia chiamare, un salvataggio deve avere una componente di sussidio». Esattamente questi due nodi sono venuti al pettine, ancor prima di quanto ci aspettassimo. Secondo le ultime notizie, la Grecia potrà prendere a prestito un terzo della tranche fornita dal Fmi – circa tre miliardi e mezzo – all'1,25 per cento, i restanti 7 miliardi al 3,25 per cento. Poi viene la tranche europea, forse 20 miliardi. La Merkel intende come " tassi di mercato" quello che intendono tutti, nella fattispecie i tassi correnti sui titoli decennali, circa il 6.5 per cento.
I restanti governi europei ritengono che questi tassi non siano "di mercato", in altre parole ritengono di sapere cosa il mercato avrebbe dovuto chiedere, e sono pronti (almeno a parole) a prestare la propria componente al 4,5 per cento. Quindi come abbiamo detto, questi prestiti hanno una componente di "regalo" alla Grecia.