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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2010 alle ore 15:53.
Secondo quel grande enologo che fu Luigi Veronelli, il vignaiolo è il primo guardiano del proprio territorio. La pensano esattamente allo stesso modo in quel di Villa Matilde, fattoria situata nella parte settentrionale della provincia di Caserta dove, ormai cinquant'anni fa, tornò alla luce il leggendario Falerno, vino preferito dagli imperatori romani. Proprio lì oggi trova spazio una delle esperienze più ambiziose di agroindustria a impatto zero.
Villa Matilde significa, tanto per cominciare, un'azienda che con i suoi vitigni copre 70 ettari di terreno, fattura intorno ai due milioni l'anno e dà lavoro in media a 35 persone. Il territorio di riferimento è per l'appunto quello del Falerno, situato tra i comuni di Carinola, Cellole, Falciano del Massico, Mondragone e Sessa Aurunca. Da quelle parti si produce il vino che alimentava i sogni delle élite della Roma imperiale, ma del quale fino a quarant'anni fa, per quanto incredibile possa sembrare, si era persa ogni traccia che non fosse letteraria: l'Orazio delle "Odi", il Marziale degli "Epigrammi" e poco altro.
«Tutto cominciò grazie a mio padre - racconta Tani Avallone, legale rappresentante del marchio -. L'avvocato Francesco Paolo Avallone, da grande amante della classicità, alla fine degli anni 50 si fece aiutare dalla facoltà di Agraria dell'Università Federico II per lanciarsi in questa affascinante sfida di archeologia enologica: tornare a produrre Falerno bianco e rosso».
Dai primi pionieristici esperimenti è nata l'attuale realtà imprenditoriale capace di immettere sul mercato di 28 paesi sparsi in giro per il mondo qualcosa come 600mila bottiglie l'anno. «Sia per il Falerno bianco che per il rosso - spiega Avallone - i nostri standard qualitativi sono altissimi. Al di là del pregio assoluto delle uve che utilizziamo e delle caratteristiche del territorio in cui impiantiamo le viti, da almeno vent'anni a questa parte abbiamo intrapreso la strada della produzione a impatto zero». Per capirci: a Villa Matilde l'energia elettrica proviene da impianti fotovoltaici, tutti gli apparati per l'approvvigionamento energetico funzionano a basso consumo, i muletti per il trasporto dei materiali si alimentano a batterie, la filiera è organizzata in maniera tale da ridurre al minimo, se non addirittura azzerare, le emissioni di anidride carbonica e i fitodepuratori sono una realtà da un pezzo. Tutto frutto di una spinta sensibilità alle tematiche ambientali? «Non solo - risponde Avallone -: sappiamo bene che soltanto difendendo gelosamente il territorio nel quale produciamo potremo sempre salvaguardare l'unicità dei nostri prodotti». (Fr.Pr.)