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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2011 alle ore 12:59.

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Ma cosa dovrebbero fare quindi le banche centrali occidentali?

Dovrebbero innanzitutto mettere da parte l’indicatore dell’inflazione sottostante. L’inflazione sottostante è utile per portare avanti le politiche monetarie e dare spiegazioni all’opinione pubblica, ma solo quando gli aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia (non considerati dall’inflazione sottostante) sono temporanei, il che sembra non succedere più.

Nel Regno Unito, ad esempio, fattori presumibilmente temporanei hanno mantenuto il livello d’inflazione ben al di sopra del target voluto per oltre due anni. La BCE ha pubblicato recentemente una relazione in cui specifica che molto probabilmente i prezzi dei prodotti alimentari non potranno far altro che aumentare in quanto la domanda è strutturalmente superiore all’offerta. Lo stesso si può probabilmente dire per altri beni, tra cui il petrolio, la cui domanda è stata strutturalmente sottostimata.

In secondo luogo, le banche centrali occidentali dovrebbero iniziare a ritirare le misure d’emergenza adottate in risposta alla crisi finanziaria ed economica. Ciò vale in particolar modo per la Riserva Federale che, nell’autunno del 2010, ha lanciato una seconda fase di alleggerimento quantitativo per stimolare la crescita economica e l’occupazione nel breve termine, ma anche per la Banca d’Inghilterra che viene criticata per la sua eccessiva permissività.

Infine, per evitare in modo concreto che l’inflazione aumenti ancora, i tassi di interesse reali devono essere pari a zero o lievemente positivi, il che non si verifica da diverso tempo dato che l’inflazione primaria è pari al 2,2% nell’eurozona e all’1,5% negli Stati Uniti. Anche analizzando l’inflazione sottostante, i tassi d’interesse reali negli Stati Uniti sono tuttora fortemente negativi. Per il Regno Unito il quadro è particolarmente triste con un tasso d’interesse pari allo 0,5% ed un livello d’inflazione pari al 3,3%.

Per evitare che l’inflazione cresca a dismisura, la Riserva Federale dovrebbe aumentare il tasso dei fondi federali da 0% ad almeno il 3% entro un anno circa. Nello stesso periodo la BCE dovrebbe portare il suo tasso ufficiale dall’1% ad almeno il 2%, mentre la Banca d’Inghilterra dovrebbe mirare al 5%.

La scelta di una misura a breve termine per incentivare la crescita economica e l’occupazione invece di rafforzare la stabilità dei prezzi ha devastato l’economia mondiale negli anni ’70 e ’80. Se le banche centrali occidentali continueranno ad implementare le stesse politiche monetarie ancora per molto, il risultato potrebbe essere, anche in questo caso, molto simile.

Per diversi anni i funzionari di queste banche hanno invitato i loro omologhi dei paesi dei mercati emergenti a conferenze ed incontri per insegnare loro i trucchi del commercio. Probabilmente è giunto ora il momento che gli insegnanti imparino dagli studenti.


Sylvester Eijffinger è professore di economia finanziaria presso l’Università di Tilburg nei Paesi Bassi. Edin Mujagic è un esperto di economia monetaria presso l’ECR Research e l’Università di Tilburg.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Marzia Pecorari

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