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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2011 alle ore 09:15.

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La cassa integrazione ordinaria e straordinaria è scattata anche qui, soprattutto nel settore della meccanica: 4 milioni di ore nel 2009, esattamente il doppio nel 2010. Ma le imprese hanno retto. Grazie a una vocazione all'export concentrata sulla Germania, storico mercato di riferimento, hanno beneficiato anche della repentina ripresa tedesca. Il Piacentino è un'isola felice nel panorama nazionale. Il tasso di disoccupazione contenuto al 2,9% - la migliore performance del paese insieme a quella di Bolzano - riflette le caratteristiche del sistema produttivo, con una galassia di piccole imprese che lavorano prevalentemente per il mercato interno e con lo zoccolo duro di una industria agroalimentare di tradizione che è stata solo sfiorata dalla recessione. E questo spiega perché sia sindacati sia gli industriali viaggino di pari passo nel considerare quasi fisiologica la tenuta dei livelli occupazionali. Quasi il 50% del sistema produttivo locale è costituito da aziende che operano nella meccanica.

«Ma di queste - osserva il direttore dell'associazione degli industriali piacentini, Cesare Betti - almeno la metà sono legate al settore oil, che non ha avvertito gli effetti della crisi. Va poi aggiunto il fattore export. Il 35% della nostra produzione è destinata oltreconfine. Ma è assorbita soprattutto dalla Germania, il nostro principale bacino, che ha saputo imboccare rapidamente la strada della ripresa».

Una caratteristica che ha affrancato le aziende del Piacentino dall'andamento negativo che ha fatto invece capitolare le imprese di altre province della regione caratterizzate da un forte radicamento della meccanica. Province come Reggio Emilia, dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 5,4%, o come Modena (6,8%) e Bologna (5%), a fronte del 5,7% a livello regionale. Con 250mila abitanti sopra i 15 anni di età Piacenza ha invece confermato la sua capacità di affrontare le crisi senza grossi scossoni sul fronte dell'occupazione. Merito anche dell'agrolimentare, che da questa parti costituisce circa il 20% del sistema imprenditoriale, e che ha mostrato le sue caratteristiche anticicliche, tamponando le falle. Una dinamica di cui ha in parte beneficiato anche la confinante Parma, cuore della food valley emiliano-romagnola, dove il tasso di disoccupazione si è fermato al 4%. «Nell'agroindustria - dice Paolo Lanna, segretario generale della Camera del lavoro di Piacenza - abbiamo assistito a quale caso di ricorso agli ammortizzatori sociali ma è stato provocato da crisi aziendali, non certo di settore. Il massiccio utilizzo della cassa integrazione ci ha permesso di tenere legate le aziende alla forza lavoro. E non dimentichiamo che molte nostre imprese, lavorando prevalentemente per il mercato domestico, risentono meno della concorrenza internazionale. Il dato sull'occupazione è confortante, anche se la meccanica continua ad avere qualche difficoltà e il settore delle costruzioni resta ancora al palo».

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