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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2011 alle ore 09:40.

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Made in Italy, ma alla tedescaMade in Italy, ma alla tedesca

La Germania, da queste parti, è un benchmark irrinunciabile per varie ragioni. Zoppas spiega le sue: «Tedeschi sono i nostri due principali competitor e non c'è dubbio che agli occhi del cliente il made in Germany rappresenti sempre un premio. Ricordo poi che mio padre, il fondatore, per vendere le cucine economiche volle usare il logo con i caratteri gotici proprio per dare impressione di solidità teutonica. Oggi ci vuole altro».

Sipa è andata in profondità. Il passaggio da un sistema di produzione a isole a un flusso di montaggio e una maggior disciplina nella circolazione delle informazioni ha permesso guadagni di efficienza del 35-40%, una riduzione degli spazi operativi del 50% e dei tempi di consegna del 60 percento. In questo modo anche il capitale circolante è stato ridimensionato in misura significativa.

Secondo Federico Magno, una parte dell'industria italiana deve ancora adattarsi alla realtà dell'unione monetaria, dove la competitività si gioca sull'innovazione di processo e di prodotto: «La flessibilità è frutto di un'ingegnerizzazione di processo e non di un caos dove tutto va a posto all'ultimo momento. La logistica Porsche si organizza con due anni di anticipo rispetto all'avvio della produzione di un modello. È un modo per gestire qualità e costi. Ma se si riesce a essere efficienti a Stoccarda, con un costo del lavoro tra i più alti al mondo, vuoi che non sia possibile anche a Padova e Treviso?».

La riorganizzazione della Sipa di Giancarlo Zoppas, a capo di una holding industriale da oltre 500 milioni di fatturato e impianti in tutto il mondo, si estenderà anche al commerciale e all'amministrazione. Una rivoluzione a 360° per competere da protagonisti sul mercato globale: «La Cina fornisce gli Stati Uniti, si riempie di cassa per poi comprare la tecnologia di punta dai tedeschi. Molte aziende italiane stanno lì, a guardare e, quando va bene, a fare i sub-sub-fornitori», è l'istantanea che il patron di Vittorio Veneto vuole ritoccare a vantaggio delle sue imprese e forse di un nuovo made in Italy.

Anche la svolta di Porsche, nella prima metà degli anni 90, è stata figlia di una crisi che l'aveva resa quasi irriconoscibile. Il verbo giapponese del kaizen, il miglioramento continuo, ha funzionato nella sua traduzione tedesca e oggi il gruppo automobilistico, dopo una riorganizzazione che ha coinvolto anche la catena dei fornitori, mantiene un'efficienza da far invidia all'intero settore (negli ultimi cinque mesi del 2010 il margine operativo era al 17,8%). Da quell'esperienza è nata Porsche Consulting, che ha aperto la prima filiale estera proprio in Italia, nel 2006, seguita l'anno scorso da quella brasiliana.

A integrare l'offerta c'è la Porsche Akademie a Stezzano, la prima fuori dalla Germania. Nata da un accordo con Confindustria Bergamo, nella sede del parco scientifico-tecnologico del Kilometro Rosso svolge seminari per manager e personale all'interno di una fabbrica in miniatura che simula le linee di produzione della casa di Stoccarda. Ma oltre ai seminari, sono in molti a voler andare direttamente alla fonte, per vedere e toccare i miracoli del lean management Porsche: in lista d'attesa per un viaggio nel cuore industriale del Baden-Wuerttemberg ci sono almeno una decina di territoriali di Confindustria.

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