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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 10:17.

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Ma anche la migliore architettura istituzionale non può funzionare senza le persone giuste (mentre forse è possibile l'inverso). E questo è il terzo problema su cui riflettere. La scuola italiana ha da tempo smesso di attirare i laureati migliori alla professione di insegnante. Il problema è meno grave nella scuola primaria che infatti tutti percepiscono come forse la parte migliore del sistema. Probabilmente ciò dipende dal fatto che essa attrae insegnanti con una motivazione intrinseca a lavorare con i bambini piccoli, e quindi amanti di questo lavoro anche se relativamente poco pagato.

In Europa, solo gli insegnanti della scuola primaria di Grecia e Portogallo sono pagati meno che in Italia dove gli stipendi lordi annui variano tra i 17 e i 25mila euro. Francia e Germania pagano quasi il doppio i loro docenti, anche senza arrivare al paradiso del Lussemburgo, con stipendi da 44mila a 89mila euro annui. Negli altri ordini di scuola è invece progressivamente aumentata la frazione di persone che insegnano per ripiego, perché è un lavoro che offre un reddito sicuro e orari flessibili anche a chi non vuole impegnarsi molto. Per invertire questo trend è necessario offrire prospettive di carriera migliori e retribuzioni più elevate. In Germania un professore di scuola secondaria superiore dopo quindici anni d'insegnamento percepisce quasi 50mila euro. In Italia 27.100 euro lordi annui, tredicesima inclusa, e la media Ocse è superiore ai 40mila euro.

I premi retributivi e di carriera non devono essere garantiti a tutti, però, ma solo riservati ai meritevoli. E questo non tanto per incentivare chi già opera nel mondo della scuola, quanto soprattutto per attirare i migliori laureati a questa professione. Anche per tale obiettivo è necessaria una vera autonomia delle singole scuole nella gestione delle risorse umane (assunzioni, licenziamenti, retribuzioni e carriere) in un contesto in cui lo Stato indichi gli obiettivi da raggiungere e poi eroghi i fondi sulla base del loro raggiungimento.

Che fare allora? Il problema non sono le risorse perché la scuola attuale è come un secchio bucato: prima di usarlo per trasportarci acqua bisogna riparare i buchi. Sarebbe uno spreco riversare nuove risorse in questa scuola, ma non meno disastrosi sono i tagli con l'accetta, senza alcuna sostanziale riforma, operati da questo Governo. Dal 2009 al 2011 - stima il Tesoro nel Def 2011 - è stato attuato un taglio di 81.120 cattedre e 44.500 Ata (il personale non docente), per complessivi 125.620 posti: il risparmio per l'Erario sarà di 8,13 miliardi. Nulla però lascia pensare che questi tagli siano stati effettuati sulla base di criteri meritocratici e abbiano effettivamente colpito il personale meno capace. Le riforme di facciata degli ultimi anni hanno forse tappato qualche buco ma ne hanno aperti altri. Il dubbio è che il secchio non sia riparabile e che lo si debba cambiare radicalmente.

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