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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2011 alle ore 11:26.

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Tra i 20 campioni dell'energia ci sono le citate Rosetti Marino, Nuovo Pignone e Bonatti. Ma anche la Saipem (Eni) dei maxi-gasdotti, la Drillmec dei sistemi di perforazione hi-tech, Sudelettra e Irem perle del Mezzogiorno più produttivo, il pioniere delle pompe di calore Robur, la Spin leader delle torri di raffreddamento, la Magneti Marelli che lavora all'auto elettrica super-efficiente, la Landi Renzo pioniera dei sistemi di alimentazione a Gpl e metano per autotrazione, la Mossi & Ghisolfi prima al mondo nel bioetanolo etico, che non distrugge materie prime alimentari.

Imprese eccellenti, cui si farà cenno oggi all'11esimo Energy Summit 2011 organizzato dal Il Sole 24 Ore («Quale futuro per il nuovo energy mix» il titolo), che si apre oggi e si chiuderà mercoledì. Una tre giorni incentrata su mix energetico, trading dell'energia, operazioni di project financing, ma anche shale gas e nuovi scenari competitivi del comparto.

Tra i campioni del made in Italy dell'energia spiccano anche Prysmian, protagonista indiscussa dei cavi elettrici, e il Gruppo Fiamm, che ha creato rivoluzionari accumulatori per il fotovoltaico. Nelle rinnovabili, le eroiche fabbriche di 3Com (Enel-Sharp-Stm), Solsonica (Eems) ed Mx Group rispettivamente da Catania, Rieti e Monza sfidano i pannelli cinesi, costruendoli ostinatamente in Italia. Non manca Elettronica Santerno (Gruppo Carraro), i cui inverter sono al contrario acquistati dai cinesi: come vendere ghiaccio al polo nord. Concludono il quadro, il Gruppo Vona di Frosinone che ha costruito il parco fotovoltaico più grande d'Europa e Angelantoni, additato come la perla del solare più innovativo.

«Le imprese del campione - spiega Tabarelli - valgono circa il 10% di tutto il settore energetico italiano, vale a dire 25 miliardi circa su 250 totali di giro d'affari. Sono aziende ad alta tecnologia e potenzialità d'investimento che operano mediante alleanze, reti informali, rapporti continui con le diplomazie estere, in assenza di un grande piano complessivo di politica industriale del sistema-paese. Peccato, potrebbero fare di più se fossero più sostenute».

Invece, sul comparto energia si è abbattuta la Robin Hood tax, comparsa a tradimento nella manovra di Ferragosto. «L'erario si è accorto per primo dell'importanza dell'energia - spiega ironicamente Tabarelli -. Il settore è il più tassato dell'economia italiana fra quelli che coprono domanda di servizi fondamentali. Basti pensare che nelle ultime manovre di Tremonti dal luglio 2008 c'è spesso l'energia nel mirino. Da ultimo, la Robin tax. È stata aumentata di quattro punti percentuali, dal 6,5% al 10,5%, l'addizionale Ires che colpisce il settore petrolifero, del gas e dell'elettricità. E ne è stato allargato il perimetro, includendo le fonti rinnovabili e il trasporto di energia».

Non solo. «Serve un nuovo senso di responsabilità da parte delle comunità locali, dei sindacati, della politica - prosegue Tabarelli -: continuino a preservare i loro territori ma senza bloccare opere indispensabili per lo sviluppo, come gli elettrodotti, gli impianti a fonti rinnovabili, i rigassificatori, le centrali elettriche che ribilancino il mix energetico nazionale e persino i pozzi di estrazione del gas».

Tutti sperano nel varo dell'atteso piano energetico nazionale. Di certo, più che di tasse c'è bisogno di chiarezza normativa e supporto pubblico alla mobilità sostenibile e al solare termico, per far ripartire gli investimenti privati. E per consentire la crescita dei 20 gioielli del made in Italy dell'energia e delle tante, tantissime altre società leader di nicchie hi-tech nell'energia.

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