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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2011 alle ore 06:41.

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Le banche
Il mercato degli istituti di credito è più complicato. Le strade da battere sono parecchie. Ma, per molte di queste, è probabile che non si arrivi a nulla. Unicredit ha un prodotto specifico per le start up: può arrivare fino un massimo di 100mila euro. IntesaSanPaolo, invece, mi propone «PrestoBusiness», che copre gli investimenti effettuati nei 12 mesi precedenti la presentazione della domanda: si arriva fino a 75mila euro. In una fase di crisi, però, è cruciale il settore nel quale si investe. Le banche sono alla ricerca di progetti dal rientro sicuro. Un progetto innovativo sul web viene visto con qualche diffidenza. «Difficile prendere un prestito per un'impresa di questo tipo», mi confida un tecnico. E, comunque, va considerata la variabile temporale: per istruire la pratica e vedere i soldi ci vogliono un paio di mesi.
La burocrazia
In parallelo al problema dei soldi, va affrontata la questione delle autorizzazioni e delle forma societaria. In questo caso gli interlocutori possibili sono almeno tre: questura, Comune e commercialista. Che, sommati a quelli di cui si diceva all'inizio, portano a sette i vagoni da agganciare per far partire il treno della start up. Ma il referente principale è senza dubbio la Camera di commercio, dove scopro che l'impresa in un giorno è rimasta nella mente di qualche ministro. Mi reco presso quella romana, per avere quadro di tempi, soldi e adempimenti necessari a mettere su la mia società. Penso a una srl che, secondo i consulenti, è più spendibile sul mercato di una società di persone. Il primo passaggio necessario, mi dicono, è il notaio per la costituzione della srl: sarà lui stesso a trasmettere l'atto costitutivo alla Camera di commercio. A questi due adempimenti servono più o meno, un mese.
Poi, bisogna fare una comunicazione al Suap, lo sportello attività produttive dal Comune e, trattandosi di un'attività commerciale, una comunicazione anche alla Questura. Fatto questo, bisogna mandare una dichiarazione di inizio attività alla Camera di commercio, che alleghi il via libera di Comune e Questura. Quanto tempo serve? Almeno un altro mese.
Quindi, due mesi in totale con costi che, per tutte le varie autorizzazioni, sono contenuti in qualche centinaio di euro. La spesa più dura da sostenere, in questa fase, è quella del notaio che, nella migliore delle ipotesi, mi chiede circa 2mila euro.
Incubatore, mercato, partner
Un'altra possibilità da considerare è la ricerca di qualcuno che investa nella mia idea: un socio in grado di aumentare la capitalizzazione dell'azienda. «I soggetti che entrano in start up - spiegano da Bic - cercano imprese molto innovative. E non mi sembra questo il caso». Anche l'idea del grande industriale che mi prende per mano, quindi, è da scartare. Così come scopro di dover rinunciare all'idea di un incubatore. Si tratta di strutture che, a pagamento, accolgono nuove aziende e offrono servizi avanzati: uno spazio da 50 metri quadri nell'incubatore Bic Lazio del Tecnopolo tiburtino di Roma costa 530 euro al mese. «Non possiamo scegliere la tua idea. Per la Regione è un costo seguire un'impresa e siamo costretti a concentrarci sulle realtà di eccellenza».
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I fattori chiave di Francesco Sacco (managing director di Enter, centro di ricerca sull'imprenditorialità della Bocconi)
RILEVANZA PER UNA START UP IN ITALIA da 1 a 5E PER UNA START UP NEL MONDOda 1 a 5
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In Italia le aziende sono molto spesso "one man company". Per questo, le start up sono molto povere di competenze. A mancare sono soprattutto gli asset gestionali

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