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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2011 alle ore 12:49.

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La logica – o forse dovremmo dire l’ideologia – alla base del supporto fornito alle grandi banche è che queste sono necessarie affinché l’economia si riprenda. Ma tale posizione sembra sempre più dubbiosa quando le banche siedono su pile di denaro mentre i consumatori e le aziende meritevoli di credito sono restii a contrarre prestiti.

La stessa situazione esiste oggi in Europa, dove la realtà è ancor più pressante. Le banche ricevono pacchetti di aiuti sempre più sostanziosi, mentre i Paesi che hanno contratto debiti tagliano sui programmi sociali e di conseguenza devono fare i conti con le crescenti tensioni sociali e l’instabilità politica. Paesi come Grecia, Italia e Portogallo si sono iper-indebitati, e ora i cittadini dovranno affrontare gravi conseguenze, mentre i banchieri non andranno incontro ad alcun tipo di conseguenza per aver concesso troppi prestiti.

Alcuni importanti istituti finanziari d’Europa ora potrebbero avere delle difficoltà, e magari alcuni dirigenti finiranno per essere licenziati. Ma è forse pensabile che chi ha condotto le banche alla rovina lasci la propria poltrona senza una lauta buonuscita? Non esiste – né al momento né in futuro – una vera austerità per i dirigenti delle banche.

Gli indignati di Occupy Albany hanno recentemente rilasciato una forte dichiarazione di consenso, che recita in parte quanto segue:

Gli interessi di coloro che hanno influenza vengono ricompensati a scapito di quelle Persone, da cui deriva proprio la legittimità del governo. Crediamo che questo fallimento del nostro sistema sia al centro di numerose questioni interconnesse che affrontiamo in quanto società, e pensiamo che una sua risoluzione sia la chiave per un futuro giusto. Chiediamo pertanto una democrazia vera, epurata dall’influenza corrosiva del potere economico concentrato nelle mani di pochi, e invitiamo tutti coloro che condividono tale obiettivo a stare dalla nostra parte e ad agire.

Le grandi banche rappresentano oggi la massima espressione del potere economico concentrato nelle mani di pochi. Sono in grado di resistere a tutte le riforme significative che potrebbero davvero cambiare i loro piani di risarcimento. I dirigenti vogliono prendersi il meglio senza affrontare alcuna conseguenza negativa.

Ma il capitalismo senza prospettiva di fallimento non fa parte dell’economia di mercato. Stiamo incorrendo in un pericoloso e poco chiaro schema di aiuti finanziari pubblici su vasta scala che va ad esclusivo beneficio di pochi ricchi.

Jon Huntsman, candidato repubblicano per le presidenziali, si sta direttamente occupando della questione – e insiste sul fatto che dovremmo indurre le banche maggiori a sciogliersi e diventare più sicure. Nessun altro candidato alla presidenza sta prendendo così sul serio questo tema: dire semplicemente le lasceremo fallire non è la risposta adatta se si pensa agli ingenti danni che causerebbe il fallimento delle megabanche.

Dovremmo imparare dai movimenti WaMu e Occupy. In entrambi i casi, la lezione è la stessa: il potere finanziario concentrato nelle mani di pochi è un dono generoso – che ovviamente non riguarda tutti.

Simon Johnson, ex capo economista del Fmi, è co-fondatore di uno dei più importanti blog di economia, , docente del MIT Sloan, senior fellow del Peterson Institute for International Economics, e co-autore, insieme a James Kwak, di 13 Bankers.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

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