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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2012 alle ore 06:41.

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Comincia a produrre i suoi effetti la cura per la crescita delle piccole imprese "prescritta" dal Fondo Italiano di Investimento (Fii). A un anno di distanza, l'Arioli – azienda varesina specializzata nelle macchine per il finissaggio tessile in cui a dicembre 2010 era stato effettuato in tempi record il primo investimento – vara un secondo aumento di capitale quasi tutto riservato al Fondo per aggregare la Brazzoli, azienda con sede a Senago, hinterland milanese, specializzata nella produzione di macchine per la tintura dei tessuti in corda.
Le produzioni di Arioli e Brazzoli, entrambe su livelli di eccellenza, sono complementari soprattutto dal punto di vista commerciale. Con questa operazione Arioli-Brazzoli diventa un gruppo con gamma di prodotti più completa e con una capacità di offerta più equilibrata in funzione anticiclica. Nel settore tessile, infatti, c'è ancora una sostanziale alternanza tra tessuti a tinta unita, per i quali sono utilizzate le macchine per la tintura, e tessuti a fantasia, per i quali si utilizzano le macchine per la stampa.
Importanti sinergie saranno possibili anche dal punto di vista geografico, grazie ai recenti investimenti che Brazzoli ha realizzato in Cina e quelli che Arioli ha fatto in India.
L'operazione complessiva è di 2,9 milioni di euro, in parte come aumento di capitale e in parte come prestito obbligazionario convertibile. Il Fondo si farà carico di 2,6 milioni; il resto dell'intervento sarà coperto da Varese investimenti, il private equity dell'Unione industriale varesina già presente nel capitale della Arioli.
Il primo intervento del Fondo di 4,5 milioni di euro nell'Arioli, poco più di un anno fa aveva consentito all'azienda guidata da Carmelo Zocco di acquisire la concorrente austriaca MHM (produzione di macchine da stampa a carosello), portando il proprio fatturato dai 12,5 milioni del 2010 ai 20 previsti per il 2011.
Con l'acquisizione della Brazzoli, Arioli quadruplica le proprie dimensioni rispetto ad un anno fa e diventa un gruppo con più di 50 milioni di fatturato e 130 dipendenti. Un salto dimensionale che rappresenta un caso da manuale, emblematico per spiegare gli obiettivi per i quali è nato il Fondo Italiano d'Investimento: favorire processi di aggregazione e consolidamento settoriale che consentano alle imprese italiane di acquisire dimensioni adeguate a competere sui mercati globali. Un obiettivo strategico, quello del Fondo, che richiede tempi lunghi e che nel caso dell'Arioli è stato agevolato dalle caratteristiche dell'imprenditore con cui il Fondo si è confrontato. Laurea alla Bocconi e master alla London Business School, Zocco, di origini siciliane, ha lavorato a lungo come manager di GE negli Stati Uniti. Un'esperienza non comune tra le centinaia di Pmi che si sono rivolte al Fondo e che è tornata molto utile quando si è trattato di discutere l'apertura del capitale dell'azienda al fondo di private equity promosso dal ministero del Tesoro e partecipato dalle principali banche italiane.
Con l'operazione siglata negli ultimi giorni del 2011, Arioli aggrega un'azienda solida, con quasi 60 anni di storia alle spalle e che, punto più punto meno, esporta l'80% della produzione, come la stessa Arioli. Il matrimonio, che con le attuali rigidità di accesso al credito sarebbe stato molto più sofferto senza l'intervento del Fondo, consente di salvaguardare una realtà industriale storica in un settore di punta del made in Italy, senza difficoltà di mercato, solo alle prese con un delicato passaggio generazionale.
A fine 2011 gli investimenti diretti realizzati dal Fondo in poco più di un anno di operatività erano 18 per un totale di oltre 186 milioni di euro. A questi si aggiungono nove investimenti indiretti in fondi di fondi per 205 milioni (l'ultimo con il fondo italiano di Rothschild, Winch Italia) su una dotazione complessiva iniziale di 1,2 miliardi.
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