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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2012 alle ore 16:22.

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Il terzo errore è stato quello di darsi le priorità sbagliate. Dall’inizio della crisi, il Fondo Monetario Internazionale ha diagnosticato un problema duplice: deboli finanze pubbliche ed una severa perdita di competitività. Sfortunatamente i policy maker si sono concentrati sulla prima e hanno sconsideratamente sperato che le riforme strutturali risolvessero la seconda. Le autorità greche hanno investito gran parte del loro scarno capitale politico in aggiustamenti di bilancio invece di concentrarsi sulla creazione di un’economia competitiva.

Il programma che si sta finalizzando attualmente inverte l’ordine delle priorità, mettendo la competitività e la crescita prima del completamento del consolidamento di bilancio. Ma nonostante tutto rimane la domanda sul perché una tale decisione abbia dovuto aspettare quasi due anni.

In quarto luogo, niente di sostanziale è stato fatto per la crescita. Un programma di aggiustamento è necessariamente recessivo, ma questo non deve vanificare gli sforzi per mobilitare strumenti adatti alla ripresa economica. In linea di principio la Grecia avrebbe potuto contare su una grande quantità di aiuti allo sviluppo regionali, da parte del bilancio dell’Unione Europea, che sono stati sottoutilizzati a causa della mancanza del cofinanziamento locale. Si è dovuti giungere sino alla scorsa estate per riconoscere –e anche allora solo in misura modesta- che quest’aiuto potrebbe essere utilizzato per sostenere la ripresa economica.

L’ultimo errore europeo è stato un certo livello di indifferenza verso un’equa ripartizione degli oneri. È comprensibile che il Fondo Monetario Internazionale, un ente tecnocrate, non si avventuri al di là degli aspetti economici. Ma l’UE è un’entità politica che ha fatto della giustizia sociale una delle sue finalità basilari. Non si può chiedere il taglio del salario minimo, assegnando nel contempo una importanza secondaria all’evasione fiscale nel decimo percentile superiore dei percettori di reddito, che costa un quarto del reddito al netto delle imposte ricevute.

Contrariamente a molto criticismo superficiale, l’Europa non può essere biasimata per l’imposizione di misure di austerità alla Grecia. Questa è la contropartita necessaria ad un grande sforzo per il sostegno finanziario, e un paese con tali enormi squilibri deve necessariamente essere oggetto di estremo rigore.

Invece l’Europa può essere rimproverata per un programma inizialmente in ritardo, mal progettato, non bilanciato ed iniquo. Se un giorno verrà posta la domanda su chi abbia perso la Grecia, ci saranno sufficienti responsabilità da distribuire in giro.
Jean Pisani-Ferry è Direttore di Bruegel, un’istituzione think tank di economia internazionale, Professore di Economia presso la Université Paris-Dauphine, e membro del Consiglio di Analisi Economica del Primo Ministro francese.

Copyright: Project Syndicate, 2012. www.project-syndicate.org
Tradotto dall’inglese da Roberta Ziparo

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