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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2012 alle ore 07:00.

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L'Osservatorio Gea-Fondazione Edison ha analizzato i risultati di 22 delle 29 principali aziende vinicole italiane (sono state escluse le società cooperative: Caviro, Cavit, Soave, La Vis, Ponti, Settesoli, Tollo). Sono stati considerati come parametri di riferimento l'Ebit e il fatturato medi nel periodo 2007-2010. La gamma dei risultati ottenuti nel periodo dal campione di aziende dimostra che, muovendo correttamente le leve, si può crescere nonostante le crisi come dimostrano i casi di Zonin (+12%) o Giv (+11%). Oppure che anche in tempi difficili come quelli attuali si può guadagnare in modo significativo, come è il caso di Masi (Ebit 24%), Santa Margherita (22%) e Frescobaldi (15%).
Ma quali sono i fattori critici di successo del vino italiano? Proviamo a guardare le azioni che hanno determinato il successo o l'arresto delle aziende esaminate. Le tre aziende citate come le più redditizie non sono le più grandi del campione (collocandosi nella fascia di fatturato tra 60 e 80 milioni).

Sono aziende che sono riuscite a dire molti no a clienti non coerenti con la strategia, oppure che hanno saputo rinunciare a fatturati sul canale moderno troppo promozionato a vantaggio di una ristorazione di buon livello che potesse accreditare l'etichetta. O che hanno perfino rinunciato a fatturati in Paesi disponibili solo a trattare grandi volumi a prezzi modesti.
Dunque attraverso una serie di scelte selettive è stato possibile posizionare i propri vini nelle carte dei migliori ristoranti di fascia media e alta del mondo. Perché la ristorazione non tratta vini da supermercato e per creare una marca come Gaja è necessaria una disciplina commerciale unita ad una pazienza seconda solo a quella dei grandi enologi. La dimensione è stata, tuttavia, indispensabile per aziende come Giv, Zonin o Antinori nello sviluppo dei più importanti mercati esteri (Usa, Germania, Gran Bretagna). A differenza del gruppo di aziende precedente, che potremmo definire esportatori di specialità, questo secondo lotto è riuscito a costruire vere e proprie aziende strutturate nei paesi target.

Hanno saputo offrire ai grandi clienti un livello di servizio migliore dei grandi concorrenti americani, australiani, sudafricani e sudamericani. Hanno saputo sviluppare prodotti adatti a questi mercati e coerenti con target di consumo che non erano abituati al vino e che avevano bisogno di prodotti dedicati. E i tassi di crescita che hanno saputo esprimere dimostrano quanto queste scelte fossero corrette. Chi guadagna di più ha una coerenza territoriale nella produzione; chi ha ritenuto di sfruttare la propria rete vendendo tutte le regioni, tutti i vitigni, tutte le fasce di prezzo viene apparentemente smentito. In termini di reddito operativo vince chi mantiene focus geografico con vitigni coerenti (Toscana, Veneto, Trentino, Piemonte).

Il consumatore è spesso confuso dall'offerta di vino. L'architettura di gamma sembra fatta per escludere più che attrarre, sviluppando un'offerta da addetti ai lavori costruita per i "sommelier ambizionali". La semplificazione dell'offerta è invece alla base del successo dei grandi di Napa Valley, di Yellow Tail e di Penfolds. Una gamma piccola (meno di 40 prodotti è quella di Antinori, Masi, Santa Margherita e Marchesi De Frescobaldi) con posizionamenti chiari dei prodotti diventa un modo semplice per essere capiti e acquistati, soprattutto all'estero dove spesso la gente non riesce a capire molto delle nostre denominazioni.

A giudicare dai dati di bilancio chi guadagna di più spende in comunicazione tra il 4% ed il 6% del fatturato. Un po' più della metà di quanto spende, per un raffronto, un gigante come Heineken. Ma esistono attività di marketing molto meno visibili rappresentate dalle promozioni all'assaggio e che sono spesso una chiave di volta nello sviluppo di una particolare categoria. Importanti catene americane di ristorazione di qualità offrono gratuitamente il 30% del totale del vino acquistato. Poi però vendono il calice di prosecco a 8 dollari e magari riescono a creare dal nulla il mercato del moscato in un anno.

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