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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 16:09.

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Gli elevati costi unitari della manodopera ed un alto tasso di disoccupazione sono stati a turno responsabili di una riduzione del trend del tasso di crescita economica, - principalmente a causa della manodopera sottoutilizzata-, mentre la combinazione di una crescita debole e di un sistema di welfare sempre più pesante ha prodotto un deficit di budget cronico. L’ultimo surplus è stato infatti registrato nel 1974.

La campagna elettorale in corso è centrata, di conseguenza, proprio sulla posizione fiscale della Francia. Tutti sono d’accordo sul fatto che sia necessaria una riduzione del deficit, ma ci sono molti punti di vista diversi su come ottenerla. La cura proposta da Sarkozy è di incoraggiare la crescita riducendo il peso delle imposte sul reddito dei datori di lavoro, e aumentando allo stesso tempo il tasso dell’imposta sul valore aggiunto. Il suo principale oppositore, il leader socialista François Hollande, vorrebbe invece imporre tasse più elevate soprattutto sui ricchi, sul settore finanziario, ed anche sulle grandi aziende.

Con l’esclusione delle uniche soluzioni efficaci - ovvero una vera e propria unione politica dell’eurozona oppure l’abbandono dell’euro -, quello che rimane da fare è cavarsela alla meglio. Un altro modo per definire quest’approccio è transfer union che prevede un’inflessibile austerità economica ed un peggioramento dello standard di vita a causa della determinazione dei paesi forti, primo fra tutti la Germania, a limitare la propria responsabilità nei piani di aiuto ai paesi in deficit ponendo come requisito per ottenere i trasferimenti severe restrizioni sul budget.

Allo stesso tempo, i mercati finanziari stanno cercando di imporre una restrizione sui governi in linea con i termini del nuovo trattato fiscale (sul quale la Germania, tra gli altri paesi, ha insistito). La domanda nelle economie dell’eurozona è quindi sempre più debole, mentre quella esterna, derivante dalla svalutazione dell’euro rispetto alle altre valute principali, non è in grado di compensare le conseguenze sulla crescita.

Il governo francese si aspetta che, entro il 2014, le entrate del budget saranno pari alle spese, ad eccezione del servizio del debito. Ma questa prospettiva implica una crescita continua, mentre la Francia sta entrando in recessione. Il deficit del budget continuerà quindi a persistere rendendo di conseguenza necessaria un’ulteriore restrizione.

E l’opinione pubblica farà buon viso a cattivo gioco o pretenderà un cambio radicale di direzione? Nel secondo caso il cambiamento dovrebbe essere portato avanti da una parte della principale classe politica che esce dai ranghi, oppure attraverso una sfida lanciata da un politico esterno che riesca ad avere successo, sia che si tratti del leader di destra del Fronte Nazionale Le Pen, o di Jean-Luc Mélenchon del Fronte di Sinistra. Entrambi i partiti stanno infatti focalizzando la loro campagna su una posizione protezionistica e anti-euro.

Sarkozy ha adottato una strategia da statista, come si addice a chi si trova nella sua posizione, annunciando agli elettori l’incombenza di una situazione difficile che comporterà un maggior numero di ore lavorative per uno stipendio orario più basso. Ma vendere all’opinione pubblica francese un cambiamento strutturale doloroso quale prezzo da pagare per l’Europa non funziona più.

Secondo il programma di Hollande le misure dolorose potrebbero invece essere del tutto evitate attraverso un’attenuazione delle costrizioni imposte dall’Europa. Qualora fosse eletto, ha sottolineato, rinegozierebbe il trattato fiscale e cercherebbe di modificare gli statuti della Banca Centrale Europea, forse come segno di volontà di rompere con l’ortodossia europea. Ha poi promesso di imitare i suoi predecessori portando la Germania in linea con la prospettiva francese, ovvero arrivando ad usufruire dei trasferimenti fiscali tedeschi. In questo modo la Francia potrebbe continuare a rimanere salda al progetto europeo ad un costo più basso a discapito del tenore di vita a livello nazionale nel medio termine.

Questo era il tipico stratagemma che riusciva bene al mentore di Hollande, Miterrand, ma non perché fosse più astuto, ma piuttosto perché la Francia, rispetto ad oggi, godeva al tempo di una posizione più forte nei confronti della Germania.

La risposta della Francia alla tensione legata alla volontà di portare avanti il progetto europeo (e la valuta unica) e di evitare allo stesso tempo una depressione economica cronica sarà posticipare il più possibile il giorno della resa dei conti. Questa strategia senza via di uscita comporterà dei tentativi vani di mettere la Germania dalla sua parte e di usare espedienti economici disperati come l’essenziale utilizzo coercitivo del risparmio interno per finanziare il debito pubblico. Ma il giorno della resa dei conti arriverà, e allora le istituzioni governative saranno duramente giudicate.


Brigitte Granville è professoressa di economia internazionale e di politica economica presso la Queen Mary, Università di Londra, e autrice del libro Remembering Inflation (Princeton University Press) a breve in uscita.

Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.orgTraduzione di Marzia Pecorari

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