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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2012 alle ore 14:40.
Ciò porta ad una seconda e più plausibile spiegazione di natura sia psicologica che comportamentale. Abbiamo infatti una tendenza a sottovalutare sia le probabilità che le conseguenze di ciò che il mondo degli investimenti definisce come eventi disastrosi ma altamente improbabili.
Si aggiunge a questo quadro la mancanza di incentivi. I committenti, che siano investitori o elettori, determinano gli incentivi degli agenti, sia che siano manager, funzionari eletti o policy maker. Se i committenti interpretano male i rischi sistemici, i loro agenti, pur comprendendoli, potrebbero non riuscire a rispondere senza perdere il sostegno sia sotto forma di voti che di beni gestiti.
Un altro ragionamento è che le aziende che dipendono in gran parte da condizioni di stabilità, come ad esempio gli ospedali, le ditte appaltate in India e le Borse, si troveranno a dover investire in dei propri sistemi di backup. Ma questo scenario trascura una serie di questioni legate alla mobilità, alla sicurezza e all’alloggio dei dipendenti. Il modello diffuso di auto-assicurazione determinato dalla scarsità degli investimenti nelle infrastrutture di resilienza è in realtà un’opzione evidentemente inefficiente e insufficiente.
La scelta, molto diffusa, di investire poco nelle infrastrutture (compresi eventuali rinvii di manutenzione) può portare a conseguenze aleatorie e/o non immediate. In realtà, uno scarso investimento oppure un investimento tramite forme di finanziamento del debito si equivalgono in relazione al fatto che entrambi trasferiscono i costi alle generazioni future. Ma sarebbe comunque meglio optare per il finanziamento del debito piuttosto che non investire del tutto, viste le perdite nette.
Le città ed i paesi che aspirano ad essere dei centri nevralgici o componenti essenziali all’interno dei sistemi finanziari ed economici globali devono essere necessariamente prevedibili, affidabili e resilienti. Ciò richiede uno stato di diritto trasparente, competente, prudente ed una gestione macroeconomica controciclica, ma anche una resilienza fisica e la capacità di resistere agli shock.
I centri che non hanno capacità di resilienza creano enormi danni collaterali nel momento in cui crollano. Con il tempo, verranno superati e rimpiazzati da alternative più resistenti.
Traduzione di Marzia Pecorari
Michael Spence, Premio Nobel in economia, è professore di economia presso la Stern School of Business dell’Università di New York e ricercatore senior press il Hoover Institution. Il suo ultimo libro è The Next Convergence – The Future of Economic Growth in a Multispeed World ().
Copyright: Project Syndicate, 2012.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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