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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 16:33.

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Ma se da un lato l’economia e la società cinese sono avanzate, dall’altro l’impegno con i mercati globali e la crescente consapevolezza dei diritti hanno fatto sì che le aspettative cambiassero più rapidamente della legge e delle pratiche giuridiche. I cinesi non sono più soddisfatti dello stato di diritto e stanno chiedendo di mettere fine alla corruzione sistemica, agli inadeguati diritti agricoli, alla discriminazione contri i lavoratori immigrati, alla posizione privilegiata delle aziende pubbliche e alla debole protezione della proprietà intellettuale.

La Cina riuscirà a stabilire lo stato di diritto così come è compreso e praticato in Occidente e in altre zone dell’Asia?

In assenza di una magistratura indipendente, le controversie legali in Cina sono spesso risolte a livello amministrativo, il che significa che la discrezione e la mancanza di un processo regolare sono un pericolo costante: come dice un proverbio cinese, è facile prendere il pesce in acque inquinate. È per questo che secondo un famoso principio di Confucio non è possibile governare lo stato senza esercitare la disciplina su se stessi.

In effetti, non è chiaro se possa essere sviluppata una magistratura che sia indipendente dal partito comunista cinese, o in che modo il partito debba separarsi dalla macchina pubblica. Il professore di diritto dell’Università di Pechino He Weifang ha posto la seguente domanda: il partito comunista cinese dovrebbe sottoporsi per primo alla costituzione cinese?

La Cina deve affrontare un lungo viaggio verso la creazione dello stato di diritto, e perseguire questo viaggio richiede una comprensione globale del ruolo del partito comunista cinese. Questo ruolo riflette in parte la storia del partito, fondato nel 1921 a seguito della violenza e del caos susseguiti al crollo della dinastia Qing nove anni prima, così come i tre decenni di guerra civile e la colonizzazione giapponese avvenute prima che il partito salisse al potere nel 1949.

Questo retaggio ha dato vita a una profonda avversione al caos derivante dalla guerra e dal conflitto civile e ha spinto il partito sotto la guida di Zhou Enlai a perseguire crescita e stabilità mediante le quattro modernizzazioni: agricoltura, industria, difesa nazionale e scienza e tecnologia. Nel tempo il partito ha dimostrato la propria volontà di cambiare istituzioni, politiche, modus operandi e obiettivi a breve termine per portare avanti la missione di creare una Cina moderna.

Gli osservatori esterni spesso dimenticano che il processo di riforma in Cina implica il cambiamento della burocrazia più antica, ampia e complessa del mondo. Negli ultimi decenni il partito comunista cinese è riuscito a creare una forte infrastruttura di stato moderno, ma la creazione di un’infrastruttura morbida – istituzioni e pratiche in linea con lo stato di diritto e il governo rappresentativo – è solo all’inizio.

Considerata la passata esperienza della Cina è probabile che assisteremo a un periodo di innovazione istituzionale, caratterizzato da cambiamenti marginali che porteranno a un sistema di controlli e limitazioni sull’esercizio del potere statale. Tutto ciò richiederà l’orchestrazione dall’alto e la sperimentazione dal basso.

Oggi la proliferazione dei media sociali facilita questo compito e lo rende più urgente. I modelli di successo e le politiche efficaci possono essere condivisi ed emulati più facilmente che mai, convincendo molti che non vi è alternativa allo stato di diritto sulla scia della modernizzazione della Cina.

Traduzione di Simona Polverino

Andrew Sheng, presidente del Fung Global Institute, è stato presidente della Hong Kong Securities and Futures Commission ed è attualmente professore associato presso la Tsinghua University di Pechino. Xiao Geng è direttore scientifico del Fung Global Institute.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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