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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2013 alle ore 18:34.

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Il passo a cui l'urbanizzazione sta avendo luogo dovrebbe dissipare i dubbi che sorgono dalle preoccupazioni circa le cosidette città fantasma e dal sovra-investimento strutturale. Secondo una , con il confluire di nuovi residenti urbani per circa 15-20 milioni, la Cina avrebbe bisogno di più di 220 grandi città (di almeno un milione di abitanti) entro il 2030, da solo 125 nel 2010. Inoltre, poiché l’urbanizzazione richiede molto investimento di capitale e che in Cina lo stock di capitale per lavoratore – un elemento fondamentale della crescita di produttività – è ancora soltanto il 13% dei livelli degli Stati Uniti e del Giappone, la Cina ha una buona ragione per rimanere un’economia ad alto investimento per molti anni a venire.

La novità, oggigiorno, è l’attenzione posta sulle esternalità negative dell’urbanizzazione – soprattutto le problematiche spinose riguardanti la confisca dei terreni e il degrado ambientale. Un modello di eco-città ben sviluppato è stato presentato al Forum di quest’anno per contrastare entrambe le preoccupazioni, e prevede incentivi per promuovere una nuova urbanizzazione che si basa su un utilizzo compatto della terra, modelli misti di trasporto locale, materiali di costruzione più leggeri, e fonti energetiche non derivanti dal carbone.

Un secondo spunto proveniente dal Forum per Lo Sviluppo cinese del 2013 è il nuovo interesse del governo per il rafforzamento delle reti sociali come elemento chiave della moderna società di consumo. In particolare, a causa dell’hukou (l’antiquato sistema di registrazione delle famiglie vigente in Cina), l’accesso ai servizi pubblici ed ai benefit collegati non è trasferibile. Come risultato, i lavoratori migranti – una sottoclasse che conta circa 160 milioni – rimangono esclusa dai servizi sanitari, l’educazione ed il sistema di sicurezza sociale fornito dal governo.

I buchi nel sistema di sicurezza sociale portano a livelli sempre più alti di risparmi preventivi – creando così un divario tra i redditi di lavoro che aumentano e qualsiasi stimolo al potere d’acquisto. Non è un caso che, al Forum, ci sono stati segni importanti da parte dei leader più autorevoli del fatto che, in questo momento, una riforma degli hukou è sempre più in considerazione.

Ma anche se quella riforma fosse accettata, questi sforzi dovrebbero essere affiancati da un’espansione dei benefici. Il sistema pensionistico cinese gestisce solo 430 miliardi di dollari di titoli (per la sicurezza sociale nazionali e dei governi locali e pensioni private). Ho personalmente fatto pressione sul nuovo Ministro delle Finanze Lou Jiwei a questo riguardo, suggerendo che la Cina sfrutti una parte delle eccessive riserve in valuta estera per finanziare questo sforzo – la stessa strategia usata per fornire 200 miliardi di dollari come capitale iniziale per la China Investment Corporation, un fondo di investimento sovrano che ha funzionate nei cinque anni e mezzo precedenti. Sfortunatamente il ministro non si è trovato d’accordo con il suggerimento.

Lo spunto finale – e forse il più importante – che il Forum mi ha fornito riguarda la qualità dei nuovi leader cinesi. Dal presidente President Xi Jinping ed il Premier Li Keqiang scendendo lungo la gerarchia, la nuova squadra di governo cinese è alquanto sofisticata in termini di analisi, percezione del rischio, previsione di scenari, e formulazione di soluzioni innovative per problemi difficili. Per di più, sotto l’ombrello organizzativo della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (National Development and Reform Commission) – la versione moderna del vecchio apparato centrale –la Cina ha convogliato una notevole quantità di risorse per la formulazione di una strategia economica ad apio raggio e ben formulata.

Ma alla fine serve ben altro che grandi capacità politiche ed analitiche per gestire sfide economiche difficili. Abbiamo visto esempi concreti di ciò in Occidente negli ultimi anni, e non ci sono garanzie che i leader cinesi appena istallati eviteranno degli errori simili.

Visione e strategia sono vitali per la realizzazione del Sogno Cinese, per dirla con le parole dei nuovi leader cinesi. Ma ci sarà bisogno di coraggio e profonda determinazione per gestire quello che forse è l’ostacolo più importante – la resistenza dei blocchi di potere radicati localmente e nelle province. Su questo fronte critico, parole forti devono essere accompagnate da azioni coraggiose.

Stephen S. Roach, membro della facoltà dell’Università di Yale ed ex-presidente non esecutivo di Morgan Stanley Asia, è autore di The Next Asia.
Copyright: Project Syndicate, 2013.

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