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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2013 alle ore 21:15.

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La storia dovrebbe rispondere a tre domande essenziali. Come si può riformare il modello europeo di forte solidarietà sociale e sicurezza senza causare sofferenza? Come si può rilanciare e sostenere la crescita economica in tutta l’Ue? E come possono funzionare le istituzioni dell’Europa con una maggiore legittimità per accogliere paesi che condividono l’euro e altri che mantengono la propria moneta nazionale?

Per iniziare, serve una rivoluzione nell’organizzazione del lavoro, dello studio e del tempo libero. La solidarietà sociale, essenziale per l’identità europea, può e deve includere attività lavorative prolungate, ma anche più condivisione del lavoro, aggiornamenti per gli adulti e settimane lavorative in media più brevi (soprattutto in prossimità del pensionamento).

Una flessibilità di questo tipo richiede il consenso di tutti: i dipendenti devono adeguarsi alle nuove richieste; i datori di lavoro devono riorganizzare le proprie imprese per consentire una maggiore condivisione del lavoro, il telelavoro e intervalli dedicati all’aggiornamento; e i governi devono rivedere le tasse, il sostegno ai redditi e la regolamentazione per promuovere una rivoluzione di flessibilità e solidarietà in grado di incoraggiare le scelte personali e la responsabilità, mantenendo al contempo l’impegno nei confronti della coesione sociale. Tale scenario può portare a un futuro migliore per tutti, e i cittadini avranno maggiore accesso all’istruzione per gli adulti, contando su un maggior tempo libero per perseguire gli interessi personali e restando produttivi e impegnati più a lungo a livello occupazionale in una vita sana.

L’Europa non ha bisogno dei tassi di crescita economica dell’Asia. Può garantire lavori adeguati e prosperità, con un tasso annuo di crescita prolungata pari all’incirca al 2%. Per raggiungere questo obiettivo, bisognerebbe dire agli elettori tedeschi non che le risorse del loro paese fluiranno verso la Spagna all’infinito, ma che i loro stipendi possono aumentare due volte rispetto al tasso del passato recente senza incorrere nell’inflazione o in un deficit di parte corrente, perché la Germania registra il maggiore surplus esterno del mondo.

Le industrie del settore dei servizi in tutta l’Ue devono essere aperte. I Paesi con posizioni fiscali più forti dovrebbero assumere il comando in un importante programma paneuropeo di aggiornamento delle capacità. Il numero di borse di studio a livello europeo dovrebbe essere raddoppiato. I programmi scolastici ovunque dovrebbero mirare all’istruzione del trilinguismo.

Senza ulteriori indugi dovrebbe inoltre essere creata una completa unione bancaria europea con risorse condivise per una risoluzione. La Banca europea per gli investimenti, che ha ricevuto un sostanzioso incremento di capitale nel 2012, dovrebbe aggiungere un ampio programma di supporto agli investimenti per le imprese di medie dimensioni alle sue attuali operazioni, con una sovvenzione finanziata con il budget europeo per incoraggiare per un periodo limitato chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro. Il lavoro e la formazione dei giovani devono essere il fulcro del nuovo patto per la crescita, e i progetti devono procedere in modalità crisi piuttosto che secondo il business as usual.

Infine, mentre l’unione monetaria richiede ovviamente una maggiore condivisione della sovranità, dovrebbe esserci altresì un’Europa più grande che includa il Regno Unito e altri paesi. Ciò implica istituzioni a due livelli che possano soddisfare le due tipologie di Paesi: quelli nell’euro e quelli che preferiscono preservare la propria sovranità monetaria in un’Europa più ampia costruita attorno a un vibrante mercato unico e a valori democratici comunitari.

Queste visioni interconnesse possono e devono essere realizzate se si vuole far prosperare di nuovo l’Europa. Insieme, formano una storia avvincente che i leader europei devono iniziare a scrivere.

Traduzione di Simona Polverino

Kemal Derviº, ex ministro degli affari economici in Turchia e capo del programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), è vice presidente del Brookings Institution.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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