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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2013 alle ore 17:17.

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ROME – Nei primi mesi del 2012, il Presidente uscente della Banca Mondiale Robert Zoellick ha annunciato che l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio di , relativamente al livello del 1990, era stato raggiunto nel 2010 - cinque anni prima del previsto. Ma molti analisti hanno contestato le stime che si basano sull’attuale soglia di povertà della Banca Mondiale, innalzata nel 2008 da 1 a 1,25 dollari al giorno, in termini di parità di potere d’acquisto (PPA).

I critici sostengono che, per ragioni metodologiche, la soglia di povertà basata sul PPA travisa la prevalenza della povertà nel mondo. Ad esempio, nel corso di ciascuno dei tre turni del della Banca Mondiale, svolti finora, la soglia di povertà è stata definita in modo diverso, evidenziando la debolezza della misura corrente. In effetti, tenuto conto dell’inflazione negli Stati Uniti, nel 2005 si sarebbe dovuto innalzare la soglia di povertà a 1.45 dollari al giorno.

Per migliorare le stime della povertà globale – quelle della Banca Mondiale si dispiegano su tre decenni, a partire dal 1981 - è necessario superare tre grandi problemi: l’insufficienza di basi di dati, l’esecuzione scorretta delle raccolte dati, e le irregolari conversioni del PPA. Purtroppo, l’approccio della Banca Mondiale ha eluso questi problemi o non li ha affrontati adeguatamente.

In primo luogo, in molti paesi i dati sulla distribuzione di reddito e consumo tra i loro cittadini non esistono. La Banca Mondiale evita di affrontare questo problema ipotizzando che, in assenza tali dati, il tasso di povertà di un paese corrisponda alla media regionale. Ma quest’approccio ha portato ad assegnare alla Corea del Nord sostanzialmente lo stesso tasso di povertà della Cina, anche se il primo paese riceve regolarmente aiuti alimentari da quest’ultimo.

In secondo luogo, la Banca Mondiale accetta i dati di rilevamento in modo acritico - anche quando sono in conflitto con i dati provenienti da altre fonti. Ad esempio, i dati della Banca Mondiale indicano che, dai primi anni novanta, la spesa pro capite delle famiglie indiane è cresciuta solo del 1,5% l’anno dagli inizi degli anni ‘90, il che implica che, nel 2010, un indiano medio ha speso 720 dollari. Ma i dati della contabilità economica nazionale mostrano mediamente un aumento del 4,5% annuo nel corso degli ultimi due decenni, che si può tradurre in una spesa pro capite di 1.673 dollari nel 2010 - circa 2,5 volte superiore rispetto alla stima della Banca.

Allo stesso modo, i dati della Banca Mondiale stimano che la classe media indiana comprenda circa 90 milioni di persone, nonostante che vi siano più di 900 milioni di abbonati a telefoni cellulari e più di 40 milioni di automobili. Tali contraddizioni riflettono significative differenze di misura, che, nel caso dell’India, potrebbero essere dell’ordine di centinaia di milioni di persone.

La terza sfida importante consiste nell’usare le stime del PPA, calcolate in valuta nazionale, per convertire i dati, provenienti da sondaggi nazionali, in stime globali della povertà che tengano conto delle differenze tra i paesi riguardo al costo della vita. Dato che le conversioni utilizzate attualmente dalla Banca Mondiale si basano su una sperimentazione internazionale condotta nel 2005, tali stime non riescono a spiegare i fattori recenti che colpiscono in modo significativo i soggetti poveri e vulnerabili, come i prezzi molto più alti dei prodotti alimentari di base.

Inoltre, le conversioni del PPA hanno poco significato per alcuni paesi, in particolare per la Cina. Invece di consentire indagini sui prezzi in un campione casuale di luoghi (cosa necessaria per il rigore dell’inchiesta), la Cina ha limitato la raccolta dei dati a poche aree urbane. I dati ottenuti hanno indicato che i prezzi cinesi erano più alti del 40% di quanto ritenuto in precedenza; gli standard di vita cinesi sono stati quindi rivisti al ribasso di circa la stessa proporzione.

Se presi alla lettera, i dati sui prezzi, insieme con i tassi di crescita, suggerirebbero che, nel 1981, la Cina aveva quasi lo stesso livello di povertà del paese più povero del mondo di oggi, con un consumo medio personale al di sotto del livello attuale della Liberia – un altro paese a cui la Cina fornisce aiuti significativi. Mentre il tasso di conversione più recente del PPA utilizzato dalla Banca stima il numero dei poveri cinesi ad una quota di 173 milioni, il tasso precedente suggerisce che solo 69 milioni di cinesi vivevano al di sotto della soglia di povertà.

Con un sistema così imperfetto alla base della comprensione della povertà nel mondo, le dichiarazioni di successo o fallimento hanno poco senso. È urgente la definizione di un migliore indicatore di povertà - che affronti, i tre grandi problemi che affliggono le stime globali, piuttosto che evitarli.

Jomo Kwame Sundaram è Vice Direttore Generale presso il Dipartimento per lo Sviluppo Economico e Sociale delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura di Roma.
Copyright: Project Syndicate, 2013.

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