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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2013 alle ore 17:04.

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Forse il maggior prezzo richiesto per allineare gli sforzi per lo sviluppo del settore pubblico e privato risiede nell’area relativamente inesplorata della finanza mista. Abbiamo già scheggiato la superficie integrando gli sforzi delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo (development finance institutions o DFI) con le iniziative filantropiche e private, che insieme funzionerebbero meglio delle singole parti.

Uno stima che, se allineati, un incremento annuo di soli 36 miliardi di dollari in investimenti del settore pubblico in cambiamenti climatici potrebbe portare 16 volte quella cifra mobilitando 570 miliardi di dollari di capitale privato. Per migliorare l’allineamento e riflettere il nuovo ordine P-4, le agenzie governative e DFI dovrebbero essere incoraggiate a fissare espliciti target per usare il capitale privato. Soprattutto in un’era di governi snelli e austerità pubblica, riuscire a rispettare tali target dovrebbe diventare un indicatore chiave per le performance.

Cos’altro dovrebbe fare il settore privato? Se da un lato esistono numerosi esempi di società responsabili che intendono fare bene facendo del bene, gli obiettivi per la sostenibilità e lo sviluppo non sono sempre parte integrante dei programmi aziendali. Il rendimento totale garantito agli azionisti (Total shareholder return o TSR) e la responsabilità sociale d’impresa (corporate social responsibility o CSR) spesso sembrano essere separati gli uni dagli altri.

L’idea, per lo più implicita, è che massimizzare il TSR inquinando l’ambiente è accettabile fintanto che vengono versati dei contributi di compensazione per le iniziative – come fare un bagno nel Gange per purificarsi dai peccati. Abbiamo bisogno di un nuovo standard che spinga le società a riferire non solo la metrica finanziaria, ma anche le performance sulle questioni sociali, ambientali e su quelle legate allo sviluppo. Per il massimo impatto, e allo scopo di ripristinare la fiducia pubblica nelle società di capitali, gli standard devono essere globali, chiari e coerenti.

L’altra faccia del mondo post-MDG è la multi-direzionalità dei flussi per lo sviluppo. Tradizionalmente, questi flussi erano unidirezionali e andavano dal ricco Nord al povero Sud. Ma l’ordine mondiale è cambiato. I mercati emergenti e i Paesi in via di sviluppo ora rappresentano il 50% del Pil globale e il 75% della crescita globale, e la demografia accentuerà ulteriormente lo spostamento del centro di gravità economica.

I Paesi del Sud come Brasile, Cina e India, per citarne alcuni, stanno offrendo maggiori contributi per lo sviluppo d’oltremare. Le risorse domestiche e le rimesse dei latinoamericani finanziano sempre più lo sviluppo. Poiché i Paesi dipendono sempre meno dalle tradizionali fonti di finanziamento, è poco probabile che seguano ciecamente i diktat esteri.

Le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo chiedono una voce più forte per decidere cosa sia bene per loro. Il vecchio approccio del Nord sappiamo cosa è bene per voi, per quanto ben informato o ben intenzionato, non funzionerà più. Serve un approccio più completo in grado di riflettere le condizioni e le preferenze locali. L’approccio P-4 rispecchia le nuove realtà globali e tenta di sfruttare le migliori qualità del settore privato, filantropico e pubblico.
Traduzione di Simona Polverino

Viswanathan Shankar è Group Executive Director e Ceo di Standard Chartered Bank per America, Africa, Europa e Medio Oriente.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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