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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2013 alle ore 15:17.

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Dalla Grecia un altro test per l’Europa

Ed ecco che arriva il colpo di scena. Quasi tutti i rimborsi dovuti nei prossimi anni riguardano il Fondo monetario internazionale, il cui status implicito di creditore "senior" garantisce la priorità di risarcimento. Tuttavia, poiché la liquidità si sta rapidamente esaurendo, la Grecia dovrà prima chiedere altro denaro in prestito, o dai vicini europei o dallo stesso FMI. Se dovesse ammorbidire le condizioni imposte ad Atene, il FMI diventerebbe bersaglio di feroci proteste da parte dei suoi debitori meno abbienti e rischierebbe di compromettere il proprio status di creditore senior, un risultato che persino il dormiente consiglio dei governatori del Fondo sarebbe poco disposto ad accettare. Il Fondo, dopo essersi lanciato in soccorso della Grecia, è pronto a fare un passo indietro dall’orlo del baratro.

Per tale motivo, molto probabilmente toccherà ai governi europei prestare altro denaro, pur sapendo che non saranno mai rimborsati. Per i leader dei paesi creditori, una svalutazione significherebbe venir meno alla promessa che i loro contribuenti non avrebbero dovuto farsi carico del debito, un impegno che, fra l’altro, forniva la base giuridica per il salvataggio della Grecia. La Corte di giustizia europea ha stabilito che i prestiti per tutelare la stabilità finanziaria non dovevano violare la clausola di non salvataggio del Trattato di Lisbona, a patto che le loro condizioni fossero "ragionevoli. Ma quant’è ragionevole che la Grecia non sia tenuta ad adempiere i propri obblighi di rimborso?

Nonostante l'opposizione interna, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha deciso di impegnarsi a mantenere la Grecia nell’eurozona, essendo troppo alto il rischio di disintegrazione dell'unione monetaria che un’uscita della Grecia comporterebbe. Tuttavia, questa logica non è riuscita a spiegare le varie ramificazioni politiche che minacciano di minare ulteriormente l'unità europea.

Gli elettori tedeschi, che andranno alle urne a fine mese, sono chiaramente in ansia. Anche se potrebbe essere troppo tardi per evitare il condono dell’attuale debito greco, il prossimo governo tedesco non avrà mandato per erogare altri prestiti. Di conseguenza, progetti importanti come l'istituzione di un'unione bancaria a livello europeo, che richiederebbe una rete di protezione fiscale, rischiano di essere posticipati o addirittura annullati. La prassi di far trovare i parlamenti nazionali di fronte al fatto compiuto non farà che alimentare il risentimento.

A dire il vero, c'è sempre la possibilità che la situazione sempre più disastrosa della Grecia finisca per stimolare la creazione di un fondo di salvataggio paneuropeo, democraticamente legittimato, che fornisca un aiuto automatico e incondizionato ai Paesi in difficoltà. L'Unione europea si trasformerebbe, così, in una vera e propria federazione, gli Stati Uniti d'Europa, siglando il trionfo del progetto europeo.

Data l'improbabilità di un simile risultato, gli europei devono prepararsi a un altro periodo turbolento sul fronte sia politico che legislativo, da cui, nel bene e nel male, non potrà che scaturire un’Europa molto diversa da quella odierna.

Traduzione di Federica Frasca
Ashoka Mody, ex capo missione per la Germania e l’Irlanda presso il Fondo monetario internazionale, è attualmente docente di politica economica internazionale presso la Woodrow Wilson School of Public and International Affairs dell’Università di Princeton.

Copyright: Project Syndicate, 2013

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