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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2011 alle ore 14:42.

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Swap, in Italia conto da 52 miliardiSwap, in Italia conto da 52 miliardi

Gli enti pubblici

Questa voce evidenzia un calo del 27% nelle perdite potenziali: dai 4,6 miliardi del 30 settembre scorso scendono infatti a 3,3 miliardi a fine 2010. Gli enti in perdita però aumentano da 285 a 316 per una perdita media di 10,6 milioni a operatore. Le perdite potenziali delle amministrazioni pubbliche italiane, però, sono decisamente di più. In questi dati, infatti, non è riportato il passivo potenziale dei contratti derivati sottoscritti all'estero e con banche straniere dagli enti territoriali italiani (come nel caso del comune di Milano riportato sopra).

Le società finanziarie
Qui invece assistiamo a una diminuzione sia dei soggetti coinvolti (da 425 a 410) sia delle perdite potenziali (da 10,6 a 7,3 miliardi) con una perdita media per operatore di 17,8 milioni. In questa voce potrebbero rientrare i cosiddetti "sinking fund", ovvero i fondi che alcuni enti pubblici pongono a garanzia delle operazioni di finanziamento attuate con le banche. Il dubbio, dunque, è che la perdita degli enti locali possa essere in Italia di più dei 3,3 miliardi sopra riportati ma possa arrivare a 10,6 miliardi.

Le banche
Anche gli istituti di credito (presumibilmente piccoli) vedono diminuire le proprie perdite potenziali in derivati di un consistente 32% a 19,9 miliardi (erano 29 il trimestre precedente). «Questa è l'ipotetica cifra - spiega Rita D'Ecclesia, professore di Metodi quantitativi per le applicazioni economiche e finanziarie del Dipartimento di analisi economiche e sociali della Sapienza di Roma - che alcuni istituti di credito del nostro paese realizzerebbero se per qualche motivo fossero costretti a "liquidare" i contratti derivati in essere. Ciò accadrebbe soltanto nel caso in cui tutte le operazioni venissero chiuse contemporaneamente e in presenza di controparti con stesso grado di rischiosità».

Non si sa, comunque, se a queste perdite corrispondano altrettanti o superiori guadagni potenziali poiché questi ultimi non vengono pubblicati da Bankitalia; si sa soltanto che il sistema bancario italiano ha crediti potenziali verso il sistema economico e quindi un rischio di controparte per 52,2 miliardi.

Il «buco» delle imprese
Sono 29.804 le imprese che nei confronti delle banche italiane registrano 5,8 miliardi di perdite potenziali (-26% rispetto al trimestre precedente). A rendere la vita difficile per le imprese, dunque, non c'è soltanto la difficile congiuntura economica ma anche queste perdite potenziali che vanno comunicate in Centrale Rischi peggiorando così l'affidabilità delle aziende presso gli intermediari.

La trasparenza
«La trasparenza e la standardizzazione nella contrattazione insieme alla centralizzazione delle transazioni - sostiene Giampaolo Galiazzo della società di consulenza indipendente Tiche (così come peraltro auspicato dall'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, si veda Il Sole 24 Ore del 27 aprile, ndr) - sono le condizioni necessarie perché i derivati sviluppino appieno le loro potenzialità positive e si possano evitare o contenere i rischi sistemici».

Più informazioni gli operatori hanno sull'evoluzione del fenomeno derivati, quindi, e più saranno in grado di fare scelte consapevoli e utili anche al sistema economico italiano. «Da questo punto di vista - continua Galiazzo – la Banca d'Italia è senz'altro all'avanguardia in Europa anche se è auspicabile che tutte le transazioni in derivati vengano tracciate, monitorate e riportate pubblicamente; è l'unico modo per evitare che, ciclicamente, gli operatori (in modo autorinforzante e autoreferenziale) inizino a "scommettere" troppo. Chi non vuole la standardizzazione e la centralizzazione - conclude il consulente indipendente - probabilmente fa parte del ristretto gruppo che dall'opacità del sistema dei derivati ha tratto grandi vantaggi economici, lasciando il conto da pagare al mondo intero».

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