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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 08:15.

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I guasti della troppa liquidità sui mercati Imagoeconomica)I guasti della troppa liquidità sui mercati Imagoeconomica)

Fuga dal rischio
È quel che è successo in settimana. È bastata la percezione un po' più diffusa di un rallentamento dell'economia americana (Ism non manifatturiero in forte calo, sussidi di disoccupazione in aumento), la richiesta di margini di garanzia più elevati per chi investe in future sulle materie prime, in particolare su argento e oro, un eccesso di posizioni speculative al ribasso sul dollaro, e qualche investitore ha cominciato a liquidare parte delle attività acquistate a debito.

I prodromi di un cambiamento di umore si potevano avvertire fin dalla scorsa settimana, ma il processo assume aspetti evidenti martedì. Giovedì diventa esplosivo e lo si nota fin dalla mattinata con il dollaro che si rafforza sulle principali valute e che balza nel primo pomeriggio, quando nelle parole di Jean-Claude Trichet si coglie un atteggiamento meno preoccupato sull'inflazione e dunque meno aggressivo sui tassi d'interesse. L'eccesso di posizioni short (al ribasso) sul dollaro (di contro quelle rialziste sull'euro erano al massimo dal dicembre 2007) e l'uso sempre più diffuso sui mercati valutari e delle commodity del trading ad alta frequenza hanno reso ancor più parossistico il processo.

Non a caso sono cadute soprattutto le attività finanziarie più speculate, come argento (-28% dai massimi della scorsa settimana), oro (-6%), petrolio (-15% il Wti) e buona parte delle materie prime. Più composta è stata invece la reazione delle borse: forse perché i buoni utili societari hanno contribuito a sostenere gli indici, forse perché la speculazione è meno dilagante sui mercati azionari. Sebbene gli acquisti di borsa, finanziati mettendo i titoli a garanzia, siano al massimo dal febbraio 2008 al Nyse; e la «leva netta degli speculatori» (calcolata in 75,2 miliardi di $ dal Nyse) si sia avvicinata al record di 79 miliardi del giugno 2007, nel pieno della bolla del credito.

Tutti sui Treasury
Qualcuno sostiene che a innescare l'effetto domino sia stato l'intervento delle autorità del Comex per salvare un gruppetto di «bullion bank» che da tempo avevano pesanti posizioni al ribasso sull'argento. In ogni caso, la liquidità distolta da metalli preziosi, materie prime e azioni è finita nel parcheggio dei Treasury, soprattutto di breve termine, come dimostrano i rendimenti dei titoli Usa a un anno calati al record storico dello 0,16%. Una parte ha trovato rifugio anche sull'overnight, sceso al minimo dello 0,06%. Interessante il comportamento di questo strumento, perché da febbraio, a ogni sensibile calo del tasso, è seguito qualche giorno dopo un ribasso dell'S&P e, in misura minore, anche del prezzo del greggio.
In settimana l'S&P ha perso l'1,7% (-1,6% il Nasdaq), lo Stoxx lo 0,9% (-2,1% Milano, -1,5% Londra, -1,2% Parigi, -0,3% Francoforte).