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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2011 alle ore 08:12.

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Le vendite sui listini europei si sono riversate sui titoli dell'auto: a Parigi Peugeot Citroen è crollato del 9,1%, Renault del 9,3%, stesso tenore a Francoforte dove Bmw e Daimler AG sono scesi rispettivamente dell'8,8% e del 7,1%; a Piazza Affari i titoli Fiat non sono andati meglio e dopo essere stati sospesi per eccesso di ribasso, hanno chiuso col segno meno del 10,48% per Fiat industrial e -9,64% per Fiat. Colpiti dalle vendite i settori che rischiano di risentire di un rallentamento dell'economia con un impatto inevitabile sui risultati di bilancio. Tra questi i settori ciclici come i minerari, i tecnologici e gli industriali: Alcatel-Lucent è arretrato del 9,7%, Infineon Technologies -8,3% e Arm Holdings -8,3 per cento.

Tengono i titoli bancari della Spagna e dell'Italia per gli effetti positivi degli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce: il Santander ha limitato le perdite chiudendo a -1,2%, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria - 1,8 per cento, mentre in Italia UniCredit ha guadagnato lo 0,38%, sulla parità Intesa Sanpaolo. In Francia, invece, Société Generale è arretrata dell'8,4%, Deutsche Bank del 4% e Barclays del 6 per cento.

La volatilità delle Borse non si è riversata sul mercato dei titoli di Stato europei, sostenuti dagli interventi della Bce che nella seduta di ieri si stima abbia acquistato circa 10 miliardi di euro di titoli governativi, la metà in BTp. Una mossa che ha consentito di mantere stabile per tutta la seduta lo spread tra il BTp e il Bund tedesco attorno a 300 punti base, circa cento punti in meno rispetto alla chiusura di venerdì, ma sopra allo spread tra i bonos spagnoli e il governativo tedesco a 289 punti base. «Ci aspettiamo che i mercati si manterranno incerti fino a quando non sarà chiaro che cosa succederà quando cesseranno gli acquisti della Bce», osserva Gary Jenkins, capo della ricerca sul fixed-income di Evolution Securities: quando la Bce acquistò i bond greci, il rendimento crollò al 7% dal 14%, ma tornò al 10% quando l'intervento terminò.

Nella ricerca di porti sicuri, gli investitori sembrano avere trovato pace acquistando i Gilt inglesi, essendo il Regno Unito fuori dalla gestione del debito dei Paesi sovrani: il rendimento del titolo a 10 anni è sceso di 7 punti base a 2,62% da 2,77 per cento e di 78 punti base dall'inizio dell'anno, mentre quello a 2 anni è salito a 0,57% da 0,63 per cento. La crisi del debito dell'eurozona ha sostenuto gli acquisti di Gilt, un investimento rifugio su cui però bisogna mettere in conto il rischio valuta: la sterlina si è infatti apprezzata contro l'euro portandosi a 87,07 pence. Le pressione sulla Germania, il Paese che rischia di pagare di più per questa crisi si è in parte riversato sul Bund, risultato meno appetibile del Gilt, tanto che il decennale tedesco è salito di 4 punti base a 2,38 per cento.

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