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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2011 alle ore 13:59.
D. Il tasso di riferimento è oggi all'1%, un livello che in passato è stato considerato una soglia invalicabile. C'è qualche giustificazione per questa convinzione ed è condivisa dalla Bce?
R. Non so chi abbia mai considerato l'1% un limite invalicabile. La Bce non è mai stata dogmatica, ma bisogna considerare che con un tasso d'inflazione oltre il 2% il tasso di rifinanziamento della Bce dell'1% è di fatto negativo in termini reali.
D. La nuova governance europea decisa all'ultimo vertice di Bruxelles richiederà tempo per essere messa in atto. Nel frattempo, come sarà possibile creare un "ponte" per ristabilire la fiducia degli investitori e soprattutto evitare fasi di quasi-panico come quelle che si sono ripetute in diverse occasioni dall'estate in poi?
R. Ognuno deve fare il proprio compito. I Paesi devono continuare sulla strada del risanamento, e mettere in atto le riforme promesse. I Paesi ad alto debito devono dimostrare concretamente la loro volontà di ridurre il debito, attivandosi anche con iniziative di privatizzazione. I mercati stanno guardando da vicino le intenzioni dei Paesi. Si deve poi procedere speditamente all'attuazione concreta della nuova governance, con una rapida ratifica da parte di tutti. Ricordando che la costruzione europea richiede istituzioni federali, che rispondano a obiettivi europei, più efficienti della strada intergovernativa, più lenta, soggetta ai veti incrociati. Il modello è la Bce.
D. Lei ha più volte sottolineato i pericoli dell'intreccio fra debito sovrano e stato delle banche, che oggi sono sotto gli occhi di tutti come il nodo più difficile da sciogliere. La Bce ha varato diverse misure a sostegno del sistema bancario. Basteranno a ristabilire il normale funzionamento dell'interbancario e a rassicurare sulla solidità delle banche, mentre gli interventi sul debito sovrano sono molto limitati?
R. Non ci voleva molto per capire che l'aggravarsi del rischio sovrano avrebbe prima o poi colpito le banche dei Paesi considerati più rischiosi. Le misure decise dalla Bce - in particolare per quel che concerne le operazioni di rifinanziamento a 3 anni e l'ampliamento del collaterale - cercano di risolvere i problemi di liquidità delle banche. Per i problemi di solvibilità, però, sono competenti le autorità nazionali di vigilanza, che si coordinano nell'ambito dell'Eba. Se si vuole evitare il credit crunch, dopo le misure dell'Eba, bisogna convincere le banche che il rapporto di capitalizzazione del 9% deve essere raggiunto aumentando il capitale e non riducendo l'attivo. Lascio la Bce con un'ancora più forte convinzione di quella che avevo arrivandoci, condivisa peraltro allora dal mio predecessore, Tommaso Padoa Schioppa, che ci vuole una vigilanza più accentrata nell'area dell'euro.
D. Riguardo agli acquisti di titoli del debito pubblico da parte della Bce, i pareri sono divisi fra chi ritiene che andrebbe eliminato anche quel che si sta facendo ora e chi sostiene che la salvezza dell'euro può essere garantita solo da interventi illimitati da parte della Bce, l'unica istituzione ad avere risorse e capacità per attuare rapidamente. Fra zero e l'infinito c'è una via di mezzo e, in determinate condizioni, potrebbero rendersi necessari interventi più consistenti di quelli realizzati finora. La Bce è pronta a farlo in caso di grave pericolo per la sopravvivenza dell'unione monetaria? Condivide l'opinione secondo cui il limitato successo del programma è dovuto anche al fatto che gli importi sono stati molto modesti e la Bce si è mostrata esplicitamente riluttante a intervenire?
R. Gli interventi della Bce sono stati molto efficaci in alcuni momenti specifici, quando il mercato rischiava di avvitarsi. Si sono però nel contempo creati incentivi perversi, che hanno allentato lo sforzo di risanamento. Non possiamo sostituirci ai governi nel loro compito di assicurare finanze pubbliche solide e un assetto istituzionale dell'area dell'euro che rassicuri chi investe sul mercato finanziario europeo. A maggio 2010, con lo scoppio della crisi greca, i capi di Stato e di Governo hanno dichiarato "faremo tutto il necessario per difendere l'euro". Da allora hanno prese molte misure, ma spesso in ritardo e sotto la pressione dei mercati che nel frattempo avevano perso fiducia. Gli interventi della Bce non possono che essere motivati da considerazioni di politica monetaria, e cercare di ripristinare condizioni monetarie e finanziarie omogenee all'interno dell'area dell'euro. La loro quantità dev’essere valutata momento per momento. D'altra parte, sappiamo bene che senza stabilità finanziaria non c'è stabilità dei prezzi.
D. Diversi economisti hanno proposto l'adozione da parte della Bce di un tetto ai rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà? Ritiene che questa sia una strada percorribile?
R. Questa soluzione presume che la Bce conosca il "giusto" tasso di rendimento dei vari titoli e il loro rischio relativo, in ogni momento. Dato che non è il caso, tale intervento rischierebbe di creare forti distorsioni sul mercato, e equivarrebbe ad un finanziamento monetario dei disavanzi pubblici. D'altra parte, sappiamo che i mercati non sempre si comportano in modo efficiente e nelle condizioni attuali è evidente che c'è una sovrastima del rischio di credito. Non è normale che il rischio di credito dell'Italia e della Spagna venga considerato superiore a quello del Libano o dell'Egitto, con tutto il rispetto per questi ultimi. La responsabilità è però in parte della dottrina del "coinvolgimento del settore privato" adottata un anno fa a Deauville.
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