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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2012 alle ore 18:58.
Nel constatare il calo del titolo Unicredit, in un altro commento sul Financial Times, James Mackintosh attira l’attenzione sul crollo di fiducia nel sistema finanziario europeo. Le banche sembrano volere che la Bce svolga il ruolo di intermediazione dei prestiti interbancari, dando loro maggiore sicurezza.
“Gli investitori hanno ragione a essere preoccupati”, osserva il Ft. “Le banche centrali sono notoriamente prestatori capricciosi, e nessun azionista vorrebbe investire in una banca che dipende dalla Bce”. Alla fine, “le infusioni di capitale potrebbero riportare la fiducia tra le banche”. Il quotidiano se lo augura, perché, altrimenti, il calo dei titoli bancari dell’eurozona di mercoledì potrebbe essere “solo l’inizio”.
Anche il Wall Street Journal (nel commento di Simon Nixon “E’ l’ora del frazionamento di Unicredit?”), scrive che l’emissione azionaria Unicredit è considerata un “test cruciale” della capacità del settore bancario europeo di aumentare il capitale. Ma – aggiunge Nixon - “è un test in cui il settore rischia di essere bocciato”. Il gigante bancario italiano è stato “costretto” a offrire un prezzo scontato del 69% rispetto al prezzo di chiusura di martedì e del 43% rispetto al prezzo teorico dopo l’aumento del capitale.
Eppure, sottolinea il Wsj, la risposta degli azionisti è stata “tiepida”. Il quotidiano newyorchese, come il Ft, osserva che l’operazione è interamente sottoscritta e che quindi Unicredit “avrà i suoi soldi”. Ma gli analisti temono che alle banche rimanga in mano una notevole quantità di azioni “indesiderate”.
“La disgrazia di Unicredit – scrive Nixon - è di essere una banca internazionale con sede in Italia in un momento in cui gli investitori fuggono il Paese spaventati”. Nonostante le sue attività internazionali, gli investitori si concentrano soprattutto sul fatto che Unicredit ha un’esposizione di 40 miliardi di euro ai titoli pubblici italiani. Dopo avere fatto notare che i due terzi dei ‘risk weighted asset’ della banca hanno origine in Germania e Austria, e che la filiale tedesca ha un ‘core tier one ratio’ del 15% e un ‘return on equity’ quasi del 15%, ben superiore ai costi del capitale, il commento conclude: “Dividere la banca in due sarebbe praticamente molto difficile. Ma se i titoli non si riprendono, Unicredit potrebbe essere sottoposta a crescenti pressioni per trasformarsi in DueCredit”.
Il “pesante” sconto offerto da Unicredit, uno sconto “maggiore del previsto”, segnala quanto mosse del genere possano essere costose per le altre banche, scrive il Wsj nel pezzo di cronaca firmato da Christopher Emsden.
Nel suo blog, Emsden sottolinea che Unicredit “paga un prezzo alto per l’aumento di capitale”. Le condizioni dell’aumento di capitale mettono in evidenza “quanto possa essere duro mettersi a posto per le banche della travagliata periferia dell'eurozona”. L’operazione probabilmente “provoca dolori” al Ceo Federico Ghizzoni, ma serve a mantenere fedeli gli azionisti, cosa importante, vista la “volatilità” degli ultimi tempi intorno a Unicredit.
Emsden sottolinea però che il grande sconto sta sbaragliando le altre banche, man mano che gli investitori digeriscono cosa comportano gli sforzi di ricapitalizzazione. All’orizzonte, il rischio di una stretta del credito per la miriade di piccole imprese italiane.
Il maxi-sconto di UniCredit è in evidenza in molte altre cronache finanziarie online, sia in Europa che negli Usa. Tra i numerosi titoli segnaliamo: “Titoli UniCredit scendono per le preoccupazioni sull’emissione azionaria” (Bbc); “Lo sconto UniCredit sciocca” (Times); “Colpita la più grande banca italiana, mentre gli investitori evitano le azioni” (Daily Mail); “UniCredit crolla sulla richiesta di capitale da 7,5 miliardi euro” (Telegraph); “UniCredit annuncia uno sconto del 43% per il suo aumento di capitale” (Les Echos); “UniCredit si svende per raccogliere capitali” (Afp su Le Figaro).
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