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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2012 alle ore 08:38.

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L'Italia supera positivamente un altro test dei mercati obbligazionari e vede scendere ancora i costi di finanziamento sulla scadenza a breve termine. Il rendimento del Bot a sei mesi è atterrato all'asta di ieri sotto il pavimento del 2%, tanto da toccare il minimo da maggio 2011, prima quindi che le tensioni sul debito - intensificatesi a partire da giugno - si manifestassero nella loro interezza. In asta sono stati assegnati in totale 11 miliardi di euro contro i 7,5 totali in scadenza, tra titoli semestrali e flessibili a 331 giorni.
Il Tesoro ha raccolto l'importo massimo sui Buoni a 6 mesi (182 giorni), che sono stati collocati per i previsti 8 miliardi. Il rendimento medio ponderato è stato dell'1,969%, in discesa di 1,282 punti rispetto al precedente collocamento del 28 dicembre, quando il rendimento era stato pari al 3,251%. È un calo che dà respiro alle casse dello Stato e che colpisce ancor più se si guarda ai rendimenti delle aste di fine novembre, quando sono stati toccati tassi del 6,504%, il massimo dall'introduzione della moneta unica. Gli investitori hanno richiesto 10,7 miliardi, un importo che però è stato sufficiente a coprire l'intero ammontare offerto, con un rapporto di copertura di 1,346 volte, inferiore al precedente 1,691. Collocati per intero anche i previsti 3 miliardi di Bot flessibili con scadenza 27/12/2012: in questo caso la domanda è stata pari a 5,4 miliardi e il rendimento medio ponderato si è attestato al 2,214%.

Il calo sulle brevi scadenze
Il primo dato che emerge è quindi il calo (peraltro atteso) dei rendimenti del Bot semestrale. I prezzi sono apparsi infatti in linea rispetto a quelli del mercato, dove nella seduta precedente i titoli avevano registrato una buona domanda, tanto che i tassi (che si muovono inversamente rispetto ai prezzi) erano scesi dal 2,2 al 2,05 per cento.
Per quanto scontato, il calo dei rendimenti sul breve (oltre 100 punti base su dicembre, oltre 400 rispetto al picco di novembre) è un fatto fortemente positivo soprattutto per i risparmi attesi. Secondo Chiara Manenti, analista di Intesa Sanpaolo, il calo di un punto percentuale all'anno del rendimento del Bot si traduce in «un risparmio per la spesa di interessi per lo Stato italiano di circa 4 miliardi».

In prospettiva l'interesse degli investitori per la parte breve della curva dovrebbe mantenersi elevata. La convinzione diffusa è che l'enorme massa di liquidità iniettata dalla Banca centrale europea - che ha concesso 489 miliardi a tre anni al tasso dell'1% alle banche del Vecchio Continente - continui a fluire sul debito dei paesi periferici, Italia inclusa, e inevitabilmente proprio sulle scadenze più corte, vista la tempistica dell'Ltro di Francoforte. Un trend questo che, a cascata, produce effetti virtuosi anche sulle scadenze più lunghe, come ha dimostrato il calo del rendimento del decennale ieri al 5,89%. Non solo: sullo sfondo c'è una nuova analoga operazione dell'Eurotower, che presterà un'altra massiccia dose di denaro a basso costo a partire da fine febbraio. E le scommesse sono tutte per un'ulteriore riduzione dei tassi a breve.

Le mosse degli investitori
Ma chi sta comprando titoli di Stato? Difficile dirlo con esattezza ma le indicazioni di analisti e trader convergono. «Le banche italiane continuano a essere i principali acquirenti di carta domestica», confermava ieri Sergio Capaldi, strategist di Intesa Sanpaolo. Ma sul mercato si sta affacciando, anche se in misura ancora ridotta, qualche investitore straniero, soprattutto da Francia e Germania. Certo sono lontani i tempi in cui investitori non europei, dai fondi canadesi a quelli asiatici, acquistavano debito italiano senza incertezza. Ma il fatto che anche alcune banche europee tornino a bussare alla porta del Tesoro italiano, dimostra come il mercato stia iniziando a percepire il nostro debito come un po' meno rischioso rispetto ai mesi passati, grazie alle riforme messe in atto del governo Monti e alla sua rinnovata credibilità in campo internazionale.

Ieri la domanda tuttavia non è stata eccezionale. Nel complesso il mercato ha richiesto oltre 15 miliardi a fronte dell'obiettivo di 11 miliardi che si era prefissato di mettere sul mercato il Tesoro. Un'asta quindi buona nel complesso, anche se 'tirata', secondo alcuni analisti. Il rapporto domanda/offerta sul sei mesi «è il peggiore dell'ultimo anno sui T-bill italiani - spiega Alessandro Giansanti, analista obbligazionario di Ing -. Niente di allarmante ma l'indicazione che l'elevato ammontare di T-bill su cui il Tesoro ha puntato, e che sta arrivando sul mercato, potrebbe in futuro dare qualche problema in chiave di copertura delle aste». La prossima sfida è peraltro vicinissima: lunedì andranno in asta fino a 8 miliardi di BTp a 5 e 10 anni. E in questo caso, vista la scadenza medio-lunga, non ci sarà neppure più l'alibi della Bce.

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