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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2012 alle ore 08:18.

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Li chiamano euroscettici. Prendiamo ad esempio il gruppo che gravita attorno a Open Europe, che si definisce «indipendent Think Tank» e che, a dispetto del nome, vede come il fumo negli occhi l'Europa continentale e soprattutto l'euro. A sentire questo serbatoio di pensatori, l'Unione e la sua moneta sono al capolinea: travolti dall'«inevitabile» fallimento di Portogallo e Spagna, da quello «quasi certo» dell'Italia. E non si tratta di un gruppo di fanatici irresponsabili, visto che nel comitato scientifico compaiono nomi di illustri personaggi: come Derek Scott, che fu consulente economico di Tony Blair, Sir Martin Jacob (ex presidente di Prudential), Sir John Jennings (ex presidente della Shell), Hugh Sloane fondatore di un apprezzato hedge fund, oltre a una lunga serie di altri "Sir" e "Lord".
Prendiamo la Fondazione Wolfson, che fa capo all'omonimo (e defunto) barone e che mesi fa ha lanciato un premio da 250mila sterline, il più ricco dopo il Nobel. Il tema? Come gestire la reale possibilità che l'euro collassi. Sono arrivate tante adesioni e 4 giorni fa è stata pubblicata la short list dei 5 finalisti. Tra questi, ha probabilità di vincere lo studio di Neil Record, ex economista della Bank of England. Le conclusioni: «creare una task force assolutamente segreta» formata dalla Germania «o, possibilmente, dalla Germania come leader e dalla Francia come junior partner» per smontare l'intera costruzione dell'euro e tornare alle valute nazionali. Tra le «raccomandazioni» dell'insigne economista c'è quella di istituire la task force entro il 30 aprile 2012 (mancano 23 giorni). L'uscita dall'euro, conclude Record, «potrebbe segnare l'inizio di un nuovo e vibrante periodo nella storia dell'Europa».
Se tutto questo può sembrare il delirio di alcuni Sir e Lord annoiati, si leggano le cronache e i commenti sulla crisi dell'Eurozona, così come li riporta buona parte dei broker internazionali e della stampa anglosassone: americana in particolare. La Spagna è alla canna del gas e, in effetti, è in condizioni assai preoccupanti. Ma se due settimane fa il problema era lo sforamento del deficit e i conti pubblici zavorrati dai debiti delle regioni, ora l'enfasi è tutta sulla crescita che non c'è. Le misure di austerità fiscale danneggiano l'economia, sostengono gli ex fautori del rigore, recentemente convertiti al pensiero keynesiano.
Anche l'Italia è alla canna del gas, fanno capire, e dopo i finanziamenti della Bce il governo ha tirato i remi in barca. Ma se sta varando una riforma del lavoro? C'è opposizione tra i politici e resistenza tra i sindacati, aggiungono, citando possibili rivolte popolari in stile ateniese che si agitano solo nella fantasia di questo stuolo di "euroscettici". E poi c'è il problema della crescita economica, incalzano, che fa scendere il Pil e compromettere gli obiettivi di bilancio. Ma se le entrate fiscali sono cresciute del 4% nei primi due mesi del 2012, pur in presenza della recessione? La crisi economica potrebbe acuirsi, ribattono, citando dati sull'attività manifatturiera e dei servizi che, per l'Italia, parrebbero invece indicare una situazione meno buia del previsto.
Li chiamano euroscettici, ma buona parte del mondo anglosassone è sistematicamente avverso al sistema dell'euro, al punto che nel pensiero e nelle parole di tanti americani, per lo più del partito repubblicano, l'Unione è un covo di comunisti, un'accozzaglia di Stati ad economia socialista, neanche fossero la vecchia Unione Sovietica. Questo mondo anglosassone è pronto a sferrare un nuovo attacco speculativo ai titoli di Stato dei Paesi più a rischio. Non l'ha ancora fatto ma, come s'è visto in settimana, il generalizzato peggioramento d'umore s'è riversato su tutte le attività finanziarie dell'Eurozona senza discriminazione. Anzi: i Btp quasi quasi hanno sofferto più dei Bonos spagnoli. Soprattutto sono affondati i titoli bancari italiani che hanno già perso due terzi dei guadagni accumulati dopo il 9 gennaio.
Limatura in settimana per l'S&P (-0,7%), flessione contenuta per lo Stoxx (-1,6%, -0,8% Londra) e caduta per lo Stoxx euro (-3,2%, con -4,8% Milano, -3% Parigi, -2,5% Francoforte).
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INDICI

-0,7%
S&P 500
-0,4%
Nasdaq
-1,6%
Stoxx 600
-3,9%
Nikkei
FOCUS

Il Bonos rende meno del Btp
Nella scadenza a due anni i titoli spagnoli rendono il 3,09%: 11 centesimi meno dei Btp. Per il mercato la Spagna sarebbe meno a rischio dell'Italia
Il dollaro riprende quota
Diminuiscono le probabilità di un nuovo quantitative easing e la valuta Usa è risalita sull'euro (1,305) e sul paniere delle principali monete.
Un segnale poco promettente
Dopo il brutto dato sui nuovi assunti Usa (120 mila, contro i 203mila attesi), il future S&P500 è caduto dell'1,34%

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