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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2012 alle ore 06:37.
Certamente in tempi di tassi ai minimi e mercati azionari sull'ottovolante, dal segmento delle obbligazioni societarie si alza un canto delle sirene quasi irresistibile. In quattro mesi l'indice iBoxx corporate 3-5 anni ha infatti guadagnato il 6,4% e ancora meglio hanno fatto i titoli high yield, cioè quelli ad alto rendimento ma ai quali, di solito, viene assegnato un basso livello di rating. È il caso di fidarsi? «Il lavoro straordinario fatto dalle aziende europee a partire dalla crisi del 2008 - risponde de Berranger - ha migliorato notevolmente i bilanci. Inoltre la qualità del credito di un emittente può essere accertata dalle agenzie di rating che, anche se in passato hanno commesso degli errori sui prodotti strutturati e sui sovereign bond, hanno un track record relativamente buono sugli emittenti corporate. Per gli investitori sarà sempre più semplice valutare la solidità del credito di Linde o di Danone rispetto a quella di una banca piena di prodotti fuori bilancio, o di un certificato legato a derivati complicati».
Per navigare nel mare magnum delle obbligazioni societarie, insomma, l'espressione cruciale sembra bond picking. Il problema è che, come è facile capire, si tratta di una pratica disagevole per un privato, specialmente quando - come è necessario - si esce dagli angusti confini del mercato italiano prendendo in considerazione società meno conosciute.
Inoltre le condizioni di queste settimane risultano ben poco propizie, in particolare per gli strumenti azionari e per quelli del debito sovrano. «In generale - interviene Christophe Bernard, chief strategist di Bank Vontobel - rimaniamo cauti rispetto ai mercati azionari, in considerazione di un rapporto rischi/rendimento poco allettante. Non riteniamo i titoli di Stato dei Paesi sviluppati come un'alternativa accettabile e confermiamo la nostra scelta di sottoponderazione. Esprimiamo invece una chiara preferenza per le obbligazioni societarie ad alto rendimento e per i prestiti obbligazionari dei Paesi emergenti».
Come spesso si usa ripetere, i momenti più difficili offrono le opportunità migliori e questo vale anche per i corporate bond. Il problema è riuscire a trovarle e mai come ora l'abbondanza di scelta rappresenta veramente un imbarazzo. La crescita dell'offerta, anche in Europa, rappresenta infatti un trend apparentemente inarrestabile e di lungo corso, in particolare nel segmento delle emissioni high yield. Il fenomeno è stato misurato da Fitch: nel primo trimestre dell'anno sono stati collocati in Europa bond ad alto rendimento e basso rating per 28 miliardi di euro. Nel 2011, anno il cui record di questo passo potrebbe essere battuto, il valore complessivo aveva raggiunto e superato i 60 miliardi di euro (3 miliardi da emittenti italiani).
Se però finora il cavallo ha bevuto, adesso si moltiplicano i dubbi: può darsi che prevalga l'avversione al rischio tenendolo lontano, ma potrebbe anche non andare così. Del resto lo disse già Spinoza: «Non c'è speranza senza paura, né paura senza speranza».
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