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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 08:14.

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FIRENZE
Il mercato sembra crederci. Con l'approssimarsi della data di presentazione del nuovo piano industriale 2012-2015 di Banca Mps, che il cda esaminerà martedì (anzichè domani come inizialmente previsto) e l'amministratore delegato Fabrizio Viola illustrerà al pubblico mercoledì, il titolo del gruppo senese presieduto da Alessandro Profumo è tornato a correre in Borsa e dal minimo storico dei 17 centesimi di metà giugno è risalito venerdì fino a 0,21 euro (+6,2% nell'ultima seduta).
Gli operatori puntano sul l'efficacia della cura-Viola, messa a punto con la consulenza di Prometeia. Due le medicine fondamentali: la prima serve a completare il rafforzamento patrimoniale in linea con le indicazioni dell'Autorità bancaria europea (Eba), che ha chiesto per fine mese un «cuscinetto» (buffer) straordinario e temporaneo di 3,2 miliardi per compensare le minusvalenze teoriche sui Btp conservati in portafoglio (26 miliardi di euro); la seconda agisce sui costi, con l'obiettivo di tagliarli drasticamente e riportare in equilibrio il conto economico dell'azienda.
Per quanto riguarda il coefficiente patrimoniale, Viola ha già recuperato intorno ai 2 miliardi con interventi di asset disposal (conversione dei prestiti Fresh 2003 e 2008) e ottimizzando le attività ponderate per il rischio (in base ai criteri di Basilea 3). Altri 200 milioni circa arriveranno dalla cessione del 60% di Biverbanca alla Cassa di Risparmio di Asti (l'operazione sarà formalizzata in settimana). Manca ancora un miliardo per soddisfare l'Eba. Scartata l'ipotesi dell'aumento di capitale (in questo momento il mercato non lo assorbirebbe), Siena deve scegliere se utilizzare Coco-bond o Tremonti-bond e l'orientamento maturato è favorevole ai secondi.
Meglio essere debitori dello Stato, anche se la cifra è importante (il nuovo miliardo si sommerebbe infatti agli 1,9 già presi nel 2009 e non ancora restituiti), piuttosto che dipendere dalle rigidità di un'obbligazione ibrida convertibile come appunto il Coco-bond, che in condizioni di stress verrebbe trasformata automaticamente in patrimonio. Il via libera a un'ulteriore emissione di T-bond deve però arrivare dal Tesoro, che in linea teorica può riaprire i termini per questa forma di prestito.
Sul fronte dell'efficienza operativa e dei conti, Viola non farà certo il medico pietoso: i costi di gestione saranno tagliati drasticamente, nell'ordine di un centinaio di milioni (non potendo contare su un ragionevole incremento dei ricavi) e, sia pure senza impatti traumatici (che i vertici del gruppo hanno escluso) i 31mila dipendenti sembrano destinati a una sensibile riduzione nel tempo, così come i loro compensi. Il premio di luglio è già stato abolito, scatenando la protesta dei sindacati interni (che dopo anni di sostanziale cogestione, si sentono tagliati fuori dalle scelte), e il ricorso a contratti di solidarietà appare difficilmente evitabile.
Per un capitolo che a Siena sta per aprirsi, quello della messa in sicurezza e del rilancio di Banca Mps, un altro viene chiuso. La Fondazione Monte dei Paschi, azionista al 36,5% del gruppo di Rocca Salimbeni, ha finalmente chiuso il dossier che riguarda la ristrutturazione del debito, ridotto da 1,1 miliardi a 350 milioni e allungato come scadenza al 2017-2018. Dopo sette mesi di trattative, tutte le banche creditrici della Fondazione hanno firmato i nuovi contratti, senza marginazione e con a garanzia il 33,5% di titoli Montepaschi (valore di mercato, in questo momento, più che doppio dell'esposizione di Siena).
Nel portafoglio dell'Ente presieduto da Gabriello Mancini c'è dunque il 3% di Banca Mps libero da pegni che potrà essere ceduto per fare cassa. Un risultato, ottenuto dal direttore generale Claudio Pieri e dal responsabile amministrativo Attilio Di Cunto, appena qualche mese fa non scontato.
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