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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2012 alle ore 11:54.

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(Reuters)(Reuters)

A parer di Edoardo Chiozzi, responsabile per l'Italia di Convictions am «gli esempi di austerità di questi due ultimi anni ci hanno purtroppo già mostrato come politiche di "rigore" troppo severe in un momento di crescita globale in forte rallentamento sono controproducenti. Se una grande quantità di Paesi attua politiche di riduzione della domanda allo stesso tempo e troppo violentemente, il forte declino della crescita o recessione che ne consegue provoca una riduzione delle entrate e un aumento delle spese che alla fine annullano gli sforzi iniziali rischiando di avvitare il Paese in una spirale recessiva viziosa».

Quindi, imporre austerity a tutta forza in una fase di crisi è come far piovere sul bagnato? «Prima della crisi in base alle esperienze passate, si calcolava l'effetto recessivo di 1% di riduzione di deficit in circa 0.5% di perdita di crescita del Pil - prosegue Chiozzi -. Di fatto, durante questa crisi, in un'ambiente di crisi globale, di azione restrittiva sulla domanda simultanea da parte di più Paesi e con l'aggravante di una valuta bloccata e rendimenti saliti a livelli insostenibili, le azioni di rigore e di austerità hanno avuto effetti devastanti».

Del resto, che quello attuale sia un momento difficile per l'economia globale, lo conferma anche il Fondo monetario internazionale che nelle ultime 24 ore ha tagliato le stime di crescita del Pil del pianeta.

«Maggiore austerity significa necessariamente minor spesa pubblica e minor occupazione e quindi minor crescita. Diminuisce il debito ma diminuisce anche il Pil e quindi il gettito fiscale e così via in un circolo vizioso. L'impoverimento delle classi medie è ineluttabile nella misura in cui il delevarging pubblico (la riduzione della leva finanziaria e quindi del debito, ndr) non è diligentemente accompagnato dalla graduale ripresa degli investimenti privati», spiega Tardino.

«L'austerity da sola non basta per risolvere la crisi dell'Eurozona -. sottolinea Thomas Liebi, Chief Economist di Swisscanto -. È opportuna una politica fiscale condivisa nel lugno periodo».

La spirale tra breve e lungo periodo
Però in molti sostengono che la richiesta di aiuti aiuterebbe a far scendere gli spread e quindi a invertire la spirale negativa. «Nel breve periodo ritengo sia possibile vedere effetti positivi sugli spread, ma anche che l'illimitatezza dell'aiuto non possa che essere testata dalla speculazione: credo infatti che ad un certo punto i "mercati" cercherebbero di spingere l'aiuto su livelli di importo tale da far inevitabilmente gridare allo scandalo la Germania, facendo addirittura tornare i dubbi di un'uscita della Germania dall'euro - argomenta Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali di Invest Banca -. La storia dell'austerità è molto opinabile: consideriamo l'Italia, degli 800 miliardi annui di costo dello Stato quanti ne sono stati tagliati? 4, 8? Sappiamo bene che molta spesa è improduttiva o clientelare ma non è ancora stata fatta nessuna riforma seria, quindi non è appropriato parlare di austerità solo riferendosi agli incrementi delle tasse. É la macchina pubblica che costa troppo per quello che produce e andrebbe riformata in modo radicale per liberare risorse per abbassare la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese. I tecnici stanno facendo cose da politicantucci del passato, mettono toppe qua e là sperando nello stellone, ma non interrompono il circolo vizioso più debito, più tasse, meno crescita, più debito. Nel lungo periodo i bluff vengono inevitabilmente scoperti, l'unica soluzione è riformare efficacemente la spesa che abbasserà le tasse e solo questo farà ripartire la crescita che renderà il debito sempre più sostenibile».

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