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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2012 alle ore 12:16.

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Conferma l' "arcano" anche Thomas Liebi, chief economist Swisscanto. «Essendo un indice ponderato in termini di prezzo, il Dow Jones non è realmente rappresentativo per il mercato azionario USA. Un quadro più fedele viene fornito dallo S&P 500, che non ha ancora raggiunto i livelli del 2000 in termini di prezzo, mentre li ha superati in termini di rendimenti totali, cioè calcolando la distribuzione dei dividendi. Lo stesso vale per il DAX 30 di Francoforte e ancor più per il Ftse 100 nel Regno Unito (in tutti questi casi i picchi di rendimento totale si sono toccati nel 2007, ndr).

Perché tanta differenza tra Borse che operano in un'economia globale?
La differenza tra Dow Jones e S&P500 è quindi netta, frutto anche di tecnicalità del calcolo che evidentemente sembrano favorire la performance del primo paniere. Al di là di questo, con quel -6% (senza contare i dividendi) l'S&P500 ha comunque performato meglio dei listini europei e di Tokyo, dal 2000 ad oggi, dimostrando che i più importanti mercati azionari non sono correlati, pur in un contesto attuale di globalizzazione tanto dell'economia quanto delle crisi. Come mai?
«Un confronto fra i rendimenti totali di Usa, Germania e Italia mostra che gli andamenti sono stati analoghi fino al 2009, quando hanno cominciato a divergere realmente - continua Liebi -. Mentre ha tenuto il passo degli Stati Uniti fino al 2011, la Germania ha cominciato recentemente a perdere terreno. Il motivo di questi andamenti differenziati sta evidentemente nella crisi dell'euro e l'Italia è fra i mercati più decisamente all'attenzione degli investitori. I mercati Usa sono riusciti a riprendersi rapidamente da tutte le crisi degli ultimi dieci anni anche grazie a una politica monetaria determinata ed estremamente aggressiva, un elemento che l'Eurozona ha visto emergere solo di recente».

Secondo Luca Trabattoni, responsabile per l'Italia e il Mediterraneo di Union bancaire privée «le ragioni che spiegano l'andamento positivo di Wall Street sono prima di tutto legate al fatto che le società americane continuano a generare utili elevati mentre non è così negli altri mercati, compresi quelli emergenti dove proprio recentemente i margini si sono contratti. Questo fatto dipende da una buona gestione delle aziende che in questi anni hanno saputo continuare ad investire nella ricerca tecnologica che, unita a una flessibilità del mercato del lavoro maggiore rispetto ad altri paesi nel mondo, hanno permesso di mantenere elevata la redditività. Non solo, questa situazione ha consentito alle società americane di conquistare quote di mercato in altri Paesi compresi quelli emergenti diventando leader mondiali, si pensi ad Apple o a Caterpillar. Questo discorso vale solo per pochi altri Paesi come ad esempio la Germania».

A parer di Pier-Alberto Furno, ceo di Nemesis Am «se osserviamo bene, la grossa differenza nelle performace dal 2000 a oggi tra gli Usa ed Europa avviene dopo la crisi finanziaria del 2008 col fallimento Lehman ed in particolare con i minimi raggiunti nel marzo 2009. Fino a tale data il trend tra i mercati era molto simile. Da quel momento in poi la Fed ha iniziato i suoi programmi di quantitative easing Qe1-Qe2-Qe Infinity che hanno creato il cosiddetto Bernanke Put, manipolando i mercati al rialzo e creando un wealth effect in un lasso di tempo breve. L'Europa, invece, è entrata nel tunnel della crisi del debito sovrano dapprima con la Grecia, l'Iralnda, il Portogallo, la Spagna e adesso con il cuore dell'Europa, ovvero con Francia e Germania che denotano gravi segni di contagio. La Bce ha preso solo due misure paragonabili a quelle della Fed,dapprima Ltro1 e poi Ltro2 con quasi tre anni di ritardo agli Usa. La classe politica, poi, non ha fatto altro che parlare di misure definitive per il risolvere il problema del debito sovrano ma si è trattato solo di parole. Se a questi punti essenziali associamo la capacità corporate americana nel rendersi "lean and mean" nei momenti necessari, possiamo capire meglio le differenze esistenti».

Ma c'è anche altro. «Prima di tutto bisogna ricordare che il mercato azionario statunitense ha dei punti di forza strutturali che, ceteris paribus, lo favoriscono - spiega Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l'Italia Convictions Am -. A partire dall'organizzazione: il mercato Usa è il più importante, liquido e profondo al mondo. L'impalcatura giuridica, l'insieme delle regole che lo disciplinano e la loro applicazione, che sono il presupposto per l'esistenza di un mercato, è probabilmente la più garantista o in ogni caso fra le più efficaci a garantire i diritti degli investitori minoritari. Su quest'ultimo fronte inoltre, la presenza dei grandi, potenti e attivi investitori istituzionali come i fondi pensione, le grandi fondazioni e i grandi fondi che hanno larghe partecipazioni azionarie offre un baluardo relativamente efficace a difesa del rispetto delle regole e dei diritti dei piccoli investitori».

Inoltre, secondo Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali di Invest Banca i mercati Usa hanno il vantaggio che il Paese «ha tagliato pesantemente sul costo del lavoro e delocalizzato in modo del tutto insensibile il mercato del lavoro intern, dando la possibilità di aumentare la produttività, ma adesso questo meccanismo segna il passo sia perché non ci sono spazi di ulteriore contrazione sia perché ha impoverito un numero enorme di persone che hanno meno capacità di spesa e quindi consumano di meno. Non vanno dimenticati i salvataggio e la successiva tenuta in vita di un comparto bancario che era fallito e che senza gli aiuti non solo economici ma anche di normativa (dare il valore che si vuole agli asset anche tossici, così come quella di far pulizia mettendo fuori bilancio o trasferendo a società possedute le partite più imbarazzanti, o calcolare un fantomatico valore netto delle posizioni in derivati sono degli enormi vantaggi che per tutte le altre aziende sono preclusi) sarebbe fallito».

Listino azionario italia

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