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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 13:05.

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Fatta la legge trovato l'inganno
L'esempio francese può essere utile anche perché anticipa quello che potrebbe essere un trend post-Tobin Tax in Italia. Da agosto sul listino di Parigi è aumentato il ricorso ai cosiddetti "contract for difference", prodotti regolamentati così come i broker che li offrono che, però, sono quotati su piattaforme non regolamentate. Permettono di ottenere il medesimo effetto di una compravendita azionaria, senza pagare dazio. Nel testo preliminare italiano «sembrerebbero esclusi i contratti per differenza, in sostanza anch'essi derivati, ma over the counter, non soggetti a vigilanza e utilizzati principalmente per finalità di trading». Mentre sarebbero inclusi «i certificates, strumenti diffusi presso il retail, che l'investitore acquista per ragioni di investimento, che sono quotati in Borsa Italiana e su EuroTix, quindi liquidi, trasparenti, emessi sulla base di prospetti vagliati da Consob e altri regulators».

Il valore su cui calcolare la tassa
Contestato dagli addetti ai lavori anche il valore su cui il testo-bozza prevede sia calcolata la tassa. «Secondo il testo attuale la tassazione avverrebbe sul valore nozionale del derivato. Ma il valore nozionale non esprime il valore dello strumento e/o il corrispettivo dell'operazione. Nel caso delle opzioni, per esempio, la tassa rischierebbe di essere di ammontare superiore al premio corrisposto per l'opzione stessa. Stupisce altresì che, data la base di calcolo prescelta (valore nozionale), l'aliquota di tassazione dei derivati sia identica a quella delle azioni e non un'aliquota nettamente inferiore».

Imposta a saldo di fine giornata o su ogni singola transazione?
Un altro punto contrastato è il momento in cui calcolare l'imposta. In Francia la Tobin Tax si paga sul saldo di fine giornata (esentando però le opzioni negoziate dall'estero e market maker) e non su ogni singola transazione come attualmente previsto in Italia. Aspetto non gioca a favore dei trader.

Germania, nessuna Tobin tax fino al 2016
Last but least il tema dell'armonizzazione tra i Paesi europei. Sarebbe auspicabile infatti una convergenza dei Paesi Ue su aliquote, modalità e tempistiche per l'adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie. Per evitare il rischio di arbitraggio o fughe di capitali verso i mercati finanziari che non applicano questa tassa o sceglieranno di introdurla in ritardo. Si inserisce in questa direzione la recente polemica nei confronti della Germania dopo che il ministero tedesco delle Finanze ha annunciato al settimanale Wirtschaftswoche che non si aspetta l'introduzione di una Tobin tax in Europa prima del 2016. «Non inserirei niente in bilancio prima del 2016» ha spiegato Michael Sell, un alto dirigente del ministero. Si tratta di un data che rinvia di quasi due anni l'introduzione della tassa. Sell basa la sua stima sul fatto che i negoziati europei dureranno almeno un anno e mezzo a altrettanti ne serviranno per l'implementazione, che dovrà essere elettronica».

Se la Germania ritarderà l'applicazione della Tobin Tax - spiegano alcuni analisti - lo scenario su Piazza Affari e in particolare sui titoli bancari (che proprio grazie al trading hanno rimesso in riga le ultime trimestrali) - potrebbe essere negativo.

twitter.com/vitolops

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