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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2013 alle ore 17:18.

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Alessandro Proto (Ansa)Alessandro Proto (Ansa)

Sarebbe stato prima necessario sviluppare un business plan. Poi, una volta trovati gli investitori interessati al progetto - e Proto contava di individuarli nel giro di pochissimo tempo - si sarebbe costituita una società anonima in Svizzera che avrebbe iniettato nuovi fondi in quella italiana rilevandone le quote. Il controllo azionario sarebbe comunque rimasto a Carlot. Impossibile rifiutare un'offerta così ghiotta. E infatti Carlot l'accettò.

Il primo versamento che gli fu richiesto serviva a pagare il business plan (che però alla fine fece lui stesso). A questo seguì un secondo: per avviare le pratiche per la costituzione della società di diritto svizzero. Poi un terzo: per le spese notarili. E così via. Carlot si era rivolto a Proto per ottenere finanziamenti, ma per mesi ebbe soltanto richieste di fondi per sovvenzionare il progetto.

Il bello che soldi non ne vedevano neppure i collaboratori di Proto. All'inizio di agosto del 2010, non avendo avuto un compenso per mesi, il primo di loro decise di lasciare. Sei mesi dopo, lasciò anche il suo successore, che in seguito alla denuncia per truffa sporta da Carlot nel novembre 2011, è stato sentito dai Carabinieri.

Ai quali confermò «di aver svolto su incarico di Proto alcune consulenze a favore della ditta rappresentata dal querelante tese a...reperire risorse finanziarie», ma spiegò che «il suo rapporto di lavoro con l'indagato, iniziato nel mese di luglio 2010, si interrompeva a dicembre di quell'anno poiché questi non lo retribuiva». «Più passava il tempo più venni preso dal panico - spiega Carlot -. Ma non avendo alternative restai attaccato a quella speranza come ultima spiaggia».

Anche perché Proto gli aveva detto di aver trovato un investitore interessato. Carlot andò appositamente a Milano per incontrarlo. Era Bruno Arini, il vecchio socio di Proto. Con il quale l'imprenditore cominciò una massacrante trattativa. Ma i finanziamenti continuarono a non vedersi. Per motivi sempre diversi.

Emblematico è il testo (oltre che l'italiano) di una mail che Proto inviò a Carlot il 4 maggio 2011: «Abbiamo spinto per far accettare il suo progetto. Io personalmente ci credo e anche molto, ma non ho (personalmente) i soldi sufficienti per investirci sopra, altrimenti lo avrei già fatto. Sono riuscito a convincere l'investitore nel farlo... Purtroppo il discorso è che i tempi erano e sono ristretti e non abbiamo potuto muoverci con più investitori dovendoci soffermarci solo su uno/due e anche se siamo riusciti a far passare l'investimento, nel momento in cui sorge qualche intoppo questo non aiuta di certo».

Con l'investitore che continuava a latitare, nella primavera del 2011 dal cilindro di Proto uscì una nuova proposta: Carlot avrebbe potuto acquisire una quota della Proto Consulting per poi ottenere, in qualità di socio, un prestito di 300mila euro. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. E che spinse Carlot a rivolgersi ai Carabinieri. Nel corso di un anno, ha riferito nella sua denuncia per truffa, Proto gli aveva spillato 17.800 euro.

Il Sole 24 Ore ha ripetutamente dato a Proto l'opportunità di presentare la sua versione dei fatti. Ma poco prima del suo arresto ha respinto l'offerta con una mail in cui ci invitava ad andare a «rompere il c...a qualcun'altro».

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