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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2013 alle ore 14:35.

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Tassi così bassi e domanda così abbondante hanno indotto tutti (aziende, banche e Stati) ad emettere obbligazioni per raccogliere denaro a tassi convenienti. Così, secondo i dati di Dealogic, dal 4 aprile (data dell'annuncio della Banca del Giappone) al 3 maggio le aziende di tutto il mondo hanno emesso 204 miliardi di dollari di obbligazioni: mai, nella storia, in queste settimane di aprile erano stati emessi così tanti bond. Il precedente record, del 2011, era di 127 miliardi. Stesso discorso per i Paesi emergenti: insieme al Rwanda, le loro emissioni obbligazionarie dal 4 aprile al 3 maggio sono ammontate a 70 miliardi. Il doppio del record precedente.

Bolla o opportunità?
Il mercato obbligazionario, confrontato con la realtà delle famiglie e delle imprese soprattutto in Europa, sembra sempre più un mondo magico inebriato di liquidità. Totalmente scollegato dalla realtà. Questo, ovviamente, aiuta le imprese (solo le grandi che possono permettersi di emettere bond) e gli Stati: perché permette loro di raccogliere finanziamenti a tassi contenuti sul mercato. L'Italia ormai paga meno del 4% sul debito decennale: troppo rispetto alla Germania, ma comunque poco rispetto alla media storica.

Negli ultimi mesi anche molte aziende italiane hanno potuto raccogliere finanziamenti sul mercato obbligazionario, scavalcando il credito bancario ormai nel freezer, a tassi contenuti. EI Towers ha emesso un bond da 230 milioni il 18 aprile, raccogliendo una domanda da 2,2 miliardi, al tasso del 4%. Indesit da 300 milioni, con una domanda di 1,5 miliardi al 4,6%. E così via: tante emissioni, tanta domanda. «La grande liquidità – osserva Paolo Pascarelli, responsabile high yield origination di UniCredit – sta favorendo il processo di disintermediazione del canale bancario, che in un Paese come l'Italia è salutare, e sta permettendo alle aziende italiane di diversificare le fonti di finanziamento e di allungare il profilo di scadenze del debito».

Ma il problema è nel futuro. Gli investitori vengono sufficientemente remunerati per i rischi che corrono comprando bond come quelli del Rwanda? Quando, prima o poi, le banche centrali saranno costrette a ridurre la liquidità, la bolla che oggi si sta gonfiando rischia di scoppiare? E quando tutti questi bond (che sono debiti, non bisogna dimenticarlo) giungeranno a scadenza, il mercato sarà ancora così esuberante e inebriato da permettere il rifinanziamento di tutti? Domande a cui nessuno sa rispondere. Fin che c'è liquidità, c'è speranza. Poi...

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