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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2013 alle ore 13:43.

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(Corbis)(Corbis)

Oltre al tasso di cambio l'altro fattore da considerare è la liquidità. «Prima della crisi del 2007 la valuta preferita dai trader per il carry trade è stata lo yen giapponese, che trattava intorno ai 110-120 yen contro dollaro - spiega Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l'Italia di Convictions am -. Durante la crisi, le iniezioni massicce di liquidità della Fed unita alla debolezza del dollaro avevano spostato il carry trade alla zona dollaro e lo yen è crollato fino a 76 contro dollaro. Oggi l'economia statunitense si sta riprendendo, la Fed è entrata in una fase di ritiro della liquidità e il dollaro sta risalendo, per questo il carry trade si sta spostando».

Quindi la meta preferita per compiere operazioni di carry trade è un posto dove c'è ampia liquidità e valuta debole.

Carry trade che vanno...
Questo spiega perché sta adesso perdendo peso uno dei carry trade più di moda negli ultimi mesi, quello tra Australia e Usa/area euro. «La combinazione più comune di carry trade è sicuramente quella col dollaro australiano che consente di sfruttare l'ampio differenziale di tassi di interesse ancora attualmente presente, 2,75% a fronte di tassi Usa allo 0-0,25% ed europei allo 0,50%. Operazione che tuttavia nelle ultime settimane è diventata meno profittevole soprattutto in seguito al forte deprezzamento della moneta australiana nei confronti sia della divisa americana che di quella europea», sottolinea Marco Dall'Ava, head of research di Xtb Italia.

Ma il vento del carry trade sta cambiando anche su altri fronti, con altre combinazioni che stanno saltando. «Vi sono state molte operazioni di carry trade a inizio anno. Molti investitori hanno deciso di prendere a prestito yen a tassi bassissimi, cambiarli in moneta esotica e poi reinvestire in obbligazioni high yield in valuta locale. Possiamo ricordare tra le operazioni principali i carry trade tra yen e peso messicano, yen e real brasiliano e yen e lira turca - spiega Filippo Diodovich, analista di Ig -. Nei primi quattro mesi dell'anno il carry trade valutario su peso messicano e yen ha fruttato un rendimento superiore al 20%, quello su real brasiliano e yen del 17% e quello su lira turca e yen del 15%. Tutto è cambiato da metà maggio in poi, quando lo yen è tornato ad apprezzarsi sulle principali valute internazionali e la curva dei tassi del mercato nipponico ha mostrato forti oscillazioni. Questo ha portato gran parte degli investitori a chiudere velocemente le posizioni di carry trade, vendendo le obbligazioni in valuta locale. Si è, infatti, assistito a un forte deflusso di capitali dai Paesi emergenti».

Carry trade che vengono...
Bene, ma adesso? Quali sono/saranno i carry trade più "trendy"? Come detto per individuare il Paese attrattivo per prendere soldi in prestito servono due caratteristiche: valuta stabile o in discesa e ampia liquidità. Gli Stati Uniti, in questo momento, non hanno queste caratteristiche: perché il dollaro si sta apprezzando sulle principali valute (come sintetizzato dal Wall Street Journal Dollar Index che è salito del 3% dal 22 maggio) e perché, appunto, la Fed ha deciso la exit strategy, cioè di ritirare pian piano la liquidità finora immessa a palate (85 miliardi di dollari al mese fresca di stampa).

Gli analisti vedono, invece, di buon occhio il Giappone. «Oggi un Paese che risponde perfettamente alle caratteristiche per diventare il paese prediletto per far partire il carry trade è di nuovo il Giappone - argomenta Millelire -. La valuta è improntata al ribasso, spinta da un programma di bilancio e soprattutto da iniezioni di liquidità massicce e mai sperimentate prima da nessuna banca centrale. Per questo pensiamo che lo yen resterà ancora debole e restiamo investiti sulle altre classi di attività con un rapporto rischio/rendimento interessante: obbligazioni paesi periferici, high yield, etc».

Se salgono i tassi negli Usa, come indica Goldman Sachs, può aver senso indebitarsi in euro (dove il costo del denaro è allo 0,5% e secondo le ultime indicazioni di Mario Draghi potrebbe scendere ancora) e acquistare titoli Usa? Oppure far spola tra i differenti tassi tra titoli statunitensi e tedeschi? «La combinazione Usa/Germania(euro) potrà sicuramente rivelarsi interessante nei mesi a venire, con una crescita dei tassi Usa a fronte di un Bund che, anche se si è allontanto dai massimi storici, offre rendimenti ancora molto ridotti, essendo la Germania considerata come sempre il paese "rifugio" e più solido in Europa - conclude Dall'Ava . Dovremo però ovviamente considerare anche il tasso di cambio Eur/$ che a seguito del cambiamento della politica monetaria americana potrà risentirne portandosi su livelli inferiori agli attuali, anche in area 1.24 dove successivamente l'inizio di una ripresa economia nell'area euro, nella seconda parte dell'anno, potrà far tornare i compratori in favore della nostra moneta locale».

twitter.com/vitolops

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