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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2013 alle ore 08:40.
Del resto il Vecchio continente ha sofferto di più la recessione. Il costo diretto della crisi, guardando ai soli oneri straordinari, è stato infatti per i big del credito continentale pari a quasi 100 miliardi nel biennio 2011-2012: 78 miliardi derivanti da svalutazioni e impairment (di cui almeno 15 miliardi relativi al solo debito sovrano greco) e 21 miliardi da risarcimenti, multe, indennizzi e altri accantonamenti prudenziali. Un onere alleviato dai proventi per 45 miliardi delle dismissioni. Conto molto meno salato negli Usa, 47 miliardi di dollari, dove però a far massa è stato soprattutto il contenzioso (32,5 miliardi), con svalutazioni e impairment limitati a 10,5 miliardi e altri oneri per 4,3 miliardi. Per contro le dismissioni hanno portato plusvalenze attorno a 22 miliardi di dollari.
Sul fronte dei ratio di vigilanza da segnalare il sorpasso delle europee sulle americane: 15,8% il coefficiente totale delle prime, 14,8% (in calo) quelle delle seconde. Un fenomeno che si spiega col fatto che le americane stanno curando più l'aspetto del controllo della leva – che diverrà più rilevante con l'introduzione di Basilea 3 – senza l'ossessione di mantenere il primato su parametri che in passato si sono rivelati poco significativi per l'effettivo grado di sicurezza degli istituti.
Dove invece il profilo Usa appare più fragile è sulla finanza e in particolare sulla qualità dei titoli in portafoglio. Le attività migliori pesano infatti per il 30,1% sul totale degli attivi finanziari delle banche europee (meglio le italiane con il 49,6%), contro il 20,4% delle americane. Per contro i titoli illiquidi (livello 3) sono il 2,3% in Europa e il 7,4% negli Usa, misurato sul patrimonio netto tangibile si tratta del 24,7% contro il 34,8%. Per le italiane il peso degli asset di livello 3 è dell'1,8% del totale degli attivi finanziari di Intesa e del 4,8% di UniCredit.
Parliamo adesso di Europa e titoli di Stato dei Pigs. Pressochè azzerati i bond ellenici, l'unica voce in crescita è quella dei BTp, saliti in totale di 34 miliardi. Un incremento che è frutto del "patriottismo" di Intesa e UniCredit: +36,1 miliardi. Altrove, le grandi banche francesi si sono alleggerite di 3,5 miliardi di titoli della Repubblica, le tedesche hanno aumentato le (minori) consistenze di 1,8 miliardi.
Un altro ingrandimento sull'Europa. Il peso dei derivati in alcuni casi è ancora molto rilevante. In Svizzera i due principali istituti detengono derivati pari al 211% del Pil domestico: tanto per dare un'idea, 130mila euro per ogni cittadino della Confederazione. In Italia il valore più basso: 10% del Pil i derivati di Intesa e UniCredit, 3mila euro per abitante. Ma è un altro soprattutto l'elemento che segnala perchè i big del credito siano considerati di interesse sistemico. Sempre in Svizzera, infatti, il debito Ubs+Cs è pari a 10 volte il debito pubblico, in Italia è meno del 60%, meglio anche della Germania dove si arriva al 66 per cento.
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