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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2014 alle ore 07:18.
L'ultima modifica è del 11 febbraio 2014 alle ore 10:49.

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A prescindere dai risvolti penali, da un punto di vista dei costi lo scenario cambia se le ricchezze "segrete" detenute all'estero sono proventi di attività lecita rispetto al caso di chi detiene proventi di attività illecita?
E' un aspetto rilevante che ha fatto sorgere molti elementi di scetticismo nei riguardi della disciplina così come definita dal DL appena approvato. Da un punto di vista "puramente" dei costi, questi non varieranno in base alle modalità di costituzione dei capitali detenuti all'estero e non dichiarati nel quadro RW. Tuttavia è previsto che il contribuente, oltre a indicare tutti gli investimenti e le attività finanziarie detenute all'estero e non dichiarate, dovrà anche fornire tutti i documenti e le informazioni necessarie per risalire alle modalità di creazione di detti redditi, con la conseguenza che il fisco verrà a conoscenza della provenienza e della natura (lecita o illecita) delle somme in questione. A tal proposito, con riferimento alle problematiche di carattere penale, la normativa prevede l'esclusione della punibilità solo per i delitti di dichiarazione infedele e di omessa presentazione della dichiarazione, mentre per i più gravi reati di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture false e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, viene introdotta solo la riduzione della pena fino a metà. Nulla viene previsto, al momento, per gli altri eventuali reati di natura penale-tributaria nonché per i reati comuni che potrebbero essere connessi all'evasione, quali corruzione, truffa o appropriazione indebita, che evidentemente rimangono esclusi da copertura. Nulla viene previsto neanche con riferimento a eventuali connessioni con la disciplina dell'antiriciclaggio: ciò appare di notevole importanza soprattutto in vista della prossima (probabile) introduzione legislativa inerente il cosiddetto "autoriciclaggio", che estenderebbe la punibilità per il reato di riciclaggio, oltre che all'autore del riciclaggio stesso, anche al soggetto che ha generato i proventi oggetto di trasferimento o sostituzione.

E chi ha beni reali? Tipo case, opere d'arte, gioielli, altro può utilizzare la procedura prevista dalla voluntary disclosure?
Tutti i beni in questione rientrano tra quelli che possono essere regolarizzati secondo la disciplina in commento, qualora detenuti all'estero e non dichiarati nel quadro RW.

Guardando solo al costo fiscale una persona che ha (per esempio) un milione di euro, detenuto all'estero, se i costi bancari fossero identici, oggi ha maggior convenienza, una volta dichiarati, a mantenerli all'estero oppure a portarli in Italia?
La disciplina in commento accorda un vantaggio maggiore al contribuente che decida di rimpatriare gli investimenti oggetto di emersione oppure di regolarizzare la propria posizione lasciando i beni all'estero (cosiddetto "rimpatrio giuridico") in Paesi appartenenti alla UE, rispetto a chi invece decida di non rimpatriare tali beni e di lasciarli in Stati (diversi da quelli UE) che non consentano di ottenere tutte le informazioni necessarie per effettuare la regolarizzazione. In questo secondo caso, infatti, le sanzioni connesse alla mancata compilazione del quadro RW viene ridotta solo di un quarto e non della metà.

Chi non ha fatto lo Scudo 1 o 2 deve fare la voluntary disclosure? Chi nel corso dello Scudo 1 o 2 ha stipulato quelle polizze che coprono anche barche e cavalli dovrebbe fare la voluntary disclosure?
Non c'è alcun obbligo in capo a chi non ha effettuato lo Scudo 1 e/o 2 a intraprendere la procedura. Nessuna disposizione contenuta nel decreto appena approvato disciplina i rapporti tra questa procedura e quella relativi ai recenti scudi fiscali. Chiarimenti in tal senso potrebbero essere contenuti in provvedimenti interpretativi che l'Agenzia delle Entrate verosimilmente emetterà nei prossimi mesi.

Gli intermediari come devo comportarsi?
Sì, in pratica la norma prevede che chiunque nell'ambito della procedura esibisce o trasmette atti o documenti falsi o fornisce informazioni non vere è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Un testo così generico causa molte preoccupazioni non solo per il contribuente, ma anche per chi lo accompagna nelle varie fasi della procedura, in primis i professionisti. No è escluso che possano in qualche modo essere coinvolti anche gli intermediari finanziari, nel momento in cui trasmettono dati o notizie.

Conviene farsi seguire dal proprio intermediario oppure no?
Più che dall'intermediario è necessario farsi assistere da un professionista che guidi il contribuente lungo tutta la non facile procedura di regolarizzazione. A tal proposito, dati i possibili rilievi penali connessi alla procedura in commento, si attendono da parte dell'Agenzia delle entrate opportuni chiarimenti in merito al ruolo del professionista e soprattutto alle eventuali responsabilità in cui quest'ultimo potrebbe incorrere in caso di false dichiarazioni.

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