Investire con i BTp sotto il 3%: cinque mosse per andare a caccia di rendimenti senza accollarsi troppo rischio
La discesa dei BTp decennali impone ai piccoli risparmiatori così come agli investitori professionali una revisione delle proprie strategie. Si tratta di scegliere gli strumenti giusti; ecco come
di Marco lo Conte
3. BTp al 3% / Dove trovare il rischio «buono»
Rischiare si rischia sempre, dunque. Ma cosa guardare per mantenere tonico il proprio portafoglio? Le azioni, come detto in precedenza, comportano un processo di avvicinamento che non tutti i risparmiatori possono curare. Per questo il risparmio gestito offre la possibilità di sfruttare le competenze dei gestori per investire sulla crescita globale delle migliori aziende quotate, mantenendo sotto controllo il rischio. Si tratta di scegliere quelli che presentano la miglior capacità di produrre rendimenti nel tempo e con i costi meno alti. I rating assegnati da società specializzate nell'analisi del risparmio gestito possono offrire una valida indicazione, anche se non del tutto esaustiva. "Il tema riguarda le strategie – dice Marco Palacino, managing director di Bny Mellon in Italia -: per un investitore retail è opportuno mantenere una volatilità bassa, che non sia fonte di ansia, con rendimenti vicini a quelli del mercato azionario. Obiettivi di questo genere li perseguono per esempio Ucits che presentano un approccio long/short sull'equity. Discorso diverso per gli istituzionali – continua Palacino -: chi gestisce masse consistenti oggi guarda a strategie che presentano una liquidità inferiore a quella dei titoli di Stato (anche se comunque mensile), ma con rendimenti superiori: dai property loan all'infrastructured debt o anche a fondi con strategie long/short. In particolare ai loan, che sono ancorati a un tasso variabile, che cautela l'investitore dal rischio di duration". Anche gli Etf (exchange-traded fund) offrono l'opportunità di investire sui mercati in modo diversificato e a costi molto bassi; in questo caso però non si tratta di una vera e propria gestione ma di un posizionamento su un indice o un mercato, ad eccezione degli "smart beta" o "Etf intelligenti", che modificano periodicamente la composizione del loro portafoglio in base a una serie di criteri quantitativi.
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