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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2014 alle ore 14:38.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2014 alle ore 17:05.
Le autorità di vigilanza e quelle giudiziarie di Washington, Londra, Francoforte e Berna stanno adesso cercando di accertare se quelle manipolazioni erano condotte dai trader senza la complicità delle banche, ovvero ci fosse una sorta di “cartello” tra le banche finalizzato alla manipolazione dei cambi delle valute.
Da parte loro gli istituti finanziari stanno da mesi tentando un veloce ripulisti interno. Pochi giorni fa Rabobank, la banca olandese che l'anno scorso ha avuto una multa di 980 milioni di dollari per le sue manipolazioni sul mercato dei tassi di interesse, ha prima sospeso e poi spinto alle dimissioni due suoi trader di base a Londra. Sempre nella capitale inglese, Hsbc ha licenziato due suoi trader, mentre Ubs ne ha sospesi sette tra New York, Londra, Singapore e Zurigo. Lo stesso è successo a Barclays, Citigroup, Royal Bank of Scotland, Standard Chartered e JP Morgan Chase.
L'obiettivo delle banche è chiaramente quello di contenere i danni dimostrando alle autorità di vigilanza che le manipolazioni erano il frutto di “mele marce”. Oppure in seconda battuta, di problemi di compliance interna ai quali hanno saputo porre rimedio.
Questa versione minimalista non convince però esperti come Joy Rajiv, un ex trader di Deutsche Bank, il quale ritiene che il grado di complicità e/o connivenza necessario per riuscire a manipolare quasi metodicamente il mercato sia troppo alto per singoli individui. E che quindi difficilmente possa essere solo un caso di mancato o insufficiente controllo.
Le poche dichiarazioni rilasciate finora dai controllori lasciano infatti pensare che il fenomeno sia stato “sistemico”. Martin Wheatle, direttore della Financial conduct authority, o Fca, l'organo di vigilanza britannico, ha paragonato la gravità delle manipolazioni sul mercato dei cambi valutari a quelle sui tassi Libor ed Euribor. Mentre Nemat Shakik, uno dei quattro vice-governatori della Banca d'Inghilterra, ha parlato di «una serie di incredibili casi di cattiva condotta».
Insolitamente duro è stato anche il comunicato con cui la Commissione della concorrenza svizzera, Comco, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta a carico di quattro istituti bancari elvetici - Ubs, Credit Suisse, Julius Bär e Zürcher Kantonalbank, la banca cantonale di Zurigo - e quattro stranieri - Jp Morgan Chase, Citigroup, Barclays e Royal Bank of Scotland. «Sussistono indizi secondo i quali tra queste banche sono stati stretti accordi per manipolare il tasso di cambio commercio delle valute», si legge nella nota. Che continua: «I possibili comportamenti riguardano, in particolare, i seguenti fatti: lo scambio di informazioni riservate, il coordinamento generale riguardo all'acquisto e alla vendita di valute a un livello di prezzo concordato, azioni coordinate per influenzare il Wm/Reuters Fix (uno dei principali benchmark usati negli scambi valutari, ndr), così come il coordinamento di acquisto e vendita di valute in relazione a determinate controparti». La Commissione ha poi aggiunto di non poter «per il momento escludere che altre banche o intermediari finanziari, o broker siano coinvolti nei presunti accordi».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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