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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2014 alle ore 09:07.
L'ultima modifica è del 18 novembre 2014 alle ore 10:44.

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(Ansa)(Ansa)

Meno di un mese fa Mark Zuckerberg ha risposto per mezz'ora alle domande degli studenti della Tsinghua university di Pechino. Lo ha fatto in cinese, raccogliendo applausi. Il ceo di Facebook studia il mandarino da anni: gli piace, i genitori di sua moglie parlano cinese e soprattutto il social network nel Paese è bandito. Un mercato grande come Facebook - 1,35 miliardi di utenti - al momento precluso ma che prima o poi Zuckerberg vuole acciuffare.

Non è il solo. I social network dopo anni di crescita rapidissima si confrontano con l'ipotesi che il mercato possa essere saturo. Non sono più i tempi della crescita a tripla o doppia cifra. E se i teenager scegliessero - come già in parte avviene - altri mondi digitali? Mai stare fermi. Una opportunità viene dai tool collaborativi usati dalle aziende. Stando alle indiscrezioni di Ft, per Zuckerberg sono una terra di conquista come la Cina. Da un punto di vista strategico ha senso: Facebook ha bisogno di integrarsi nella vita delle persone anche dentro l'azienda (spesso è vietato), cercare nuovi mercati e affermarsi come piattaforma. Un luogo che dopo il login, diventa una porzione di internet da cui non uscire.

Questa ambizione, però, anche se verrà confermata troverà davanti a sé alcuni ostacoli. La prima è la diffidenza di utenti e dipartimenti IT nel gestire informazioni sensibili dentro una piattaforma tipicamente personale. Sembra infatti che i due mondi saranno il più possibile separati: il Financial Times parla di «un nuovo sito», staremo a vedere. Potrebbe persino essere un sito esterno che usa solo le credenziali di Facebook, e in quel caso probabilmente il danno di percezione sarebbe più limitato. Resta però la concorrenza. Viene facile pensare a LinkedIn e ai suoi servizi per le aziende, ma sulle funzioni per il lavoro collaborativo ci sono Microsoft (in particolare le funzioni di Yammer dentro Office), Google Drive, Salesforce e Ibm. Quest'ultima sta lavorando su un'offerta business insieme a Apple, animata da obiettivi simili a quelli di Zuckerberg.

Twitter è in una fase più difficile: mentre Facebook vuole giocare all'attacco per non perdere la leadership, il social del 140 caratteri ha ancora molto da dimostrare sul piano finanziario e soprattutto sul ritmo di crescita degli utenti, che anche nell'ultima trimestrale ha deluso. Diversi top manager hanno lasciato, anche per volontà di rinnovamento del ceo Dick Costolo: l'ex capa delle news Viviane Schiller, il coo Ali Rowghani, il capo degli ingegneri Christopher Fry, il cfo Mike Gupta, il capo del prodotto Michael Sippey.
E LinkedIn? L'ultima trimestrale è andata meglio del previsto: ricavi in crescita del 45% a 568 millioni di dollari e un rosso trimestrale (dovuto a oneri sulle stock option) inferiore alle attese. Oggi ha 90 milioni di utenti attivi una volta al mese e un modello di business molto meno orientato alla pubblicità rispetto a Facebook. La voce più rilevante è infatti rappresentata dalle soluzioni che vengono vendute alle società di recruiting: valgono il 61% del globale, mentre gli account premium il 20% e le soluzioni per il marketing, pubblicità inclusa, soltanto il 19%.
twitter.com/lucasalvioli

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