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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2014 alle ore 15:07.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2014 alle ore 15:11.

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È l'ennesima conferma: per gli italiani la crisi fa rima con risparmio. Il protrarsi delle difficoltà congiunturali e il continuo rinvio del segno più sul prodotto interno lordo spinge i risparmiatori del BelPaese di metter denaro da parte. E l'arrivo degli 80 euro in busta paga evidentemente ha in qualche modo ampliato questa dinamica. I dati diffusi dal bollettino mensile dell'Abi (l'associazione delle banche italiane) testimoniano di un aumento dei depositi degli italiani pari a 44 miliardi di euro tra il novembre 2013 e il novembre 2014, con un rialzo pari al 3,6% (+2,4% a ottobre). Nel medio periodo, ossia da inizio della crisi, gli italiani hanno accantonato 196 miliardi di euro, portando i depositi a quota 1.708,6 miliardi di euro: +12,95% in sette anni.

Una dinamica ancora più evidente se si guardano i dati riguardanti le obbligazioni che invece sono diminuite nei portafogli degli italiani per 25,3 miliardi di euro rispetto ad un anno fa, con un calo del -1,5%. Se si pensa che l'accumulo di risparmio cash non è andato a ridurre l'allocazione di denaro nel medio termine e diversificato come il risparmio gestito (che da inizio anno registra nuovi flussi per oltre 110 miliardi di euro), appare evidente come il risparmiatore italiano consideri l'accantonamento prudenziale come il salvagente alle incertezze della congiuntura presente. Mosse non necessariamente coerenti con il profilo di rischio/rendimenti dei singoli, che possono avere bisogno di incrementare i propri attivi in misura più rilevante in ragione dei loro obiettivi: spese future o rendite pensionistiche.

Da registrare che il tasso medio sul totale della raccolta bancaria è all'1,54% (somma di depositi, obbligazioni e pronti contro termine in euro a famiglie e società non finanziarie); il tasso praticato sui depositi (conti correnti, depositi a risparmio e certificati di deposito) si è attestato allo 0,77% (0,79% ad ottobre 2014), quello sui PCT all'1,74% (1,80% ad ottobre 2014). Il rendimento delle obbligazioni è risultato pari al 3,19% dal 3,21%
del mese precedente.

Il report dell'Abi fotografa tuttavia piccoli segnali di miglioramento del clima finanziario per gli italiani: il calo dei prestiti bancari si è interrotto, dopo oltre 30 mesi di valori negativi; i finanziamenti alle imprese (per un importo unitario fino ad un milione) registrano a fine ottobre un incremento su base annua dello 0,2%. Secondo l'Abi dalla fine del 2007 ad oggi, i prestiti all'economia sono passati da 1.673 a 1.813,3 miliardi di euro, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.419 miliardi di euro. Calano gli interessi sui prestiti al 3,66% (3,71% il mese precedente; 6,18% a fine 2007) e il tasso sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso al 2,70% dal 2,74% di ottobre 2014 (5,48% a fine 2007). In calo anche i tassi sui mutui al 2,9% medio.

Sul fronte economico i segnali positivi sono deboli: le sofferenze lorde sono risultate a ottobre 2014 pari a quasi 179,3 miliardi , dai 176,9 miliardi di settembre. Il rapporto con gli impieghi è del 9,5% ad ottobre (7,7% un anno prima; 2,8% a fine 2007), valore che raggiunge il 15,8% per i piccoli operatori economici (13,4% ad ottobre 2013; 7,1% a fine 2007), il 15,7% per le imprese (12,3% un anno prima; 3,6% a fine 2007) ed il
6,8% per le famiglie consumatrici (6,3% ad ottobre 2013; 2,9% a fine 2007).

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