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Mps, ribasso infinito: ora in Borsa vale meno di Bpm

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Mps, ribasso infinito: ora in Borsa vale meno di Bpm

  • –Luca Davi

Da terza banca italiana per capitalizzazione a decima. Il tutto nel giro di 48 mesi. È questa l’impressionante parabola borsistica di Monte dei Paschi di Siena. Oggi, nonostante due aumenti di capitale per complessivi 7 miliardi varati nel 2011 e nel 2014, Mps si attesta al decimo posto in termini di valore di mercato tra i principali gruppi finanziari italiani. Tanto che ieri a Piazza Affari è maturato il sorpasso anche da parte della più piccola (in termini di asset gestiti) ma ben più capitalizzata Banca Popolare di Milano: il gruppo senese valeva a fine seduta 2,424 miliardi contro i 2,446 dell’istituto lombardo.

Sono lontani i tempi in cui il Montepaschi era il terzo colosso borsistico dietro Intesa Sanpaolo (oggi valorizzato 36,8 miliardi) e UniCredit (29,8 miliardi), che pur continuano a rimanere rispettivamente i primi due istituti italiani per capitalizzazione. Negli ultimi quattro anni la banca senese ha perso una posizione dietro l’altra rispetto a tutti i principali competitor italiani.

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Di fatto oggi Mps capitalizza meno della metà di Ubi (5,1 miliardi), gruppo che non a caso da più parti è indicato come il possibile “cavaliere bianco” di Rocca Salimbeni. Ma Siena vale il 30% in meno del Banco Popolare (3,5 miliardi), o di una banca diretta come Finecobank (2,8 miliardi) o di un altro istituto popolare più piccolo - sotto il profilo delle masse gestite - come Banca Popolare dell’Emilia Romagna (2,52 miliardi). Se poi il confronto si allarga a due gruppi finanziari come Mediolanum (3,86 miliardi) e Banca Generali (2,65 miliardi), ecco come il Monte Paschi scivoli in breve al decimo posto.

La fotografia è l’inevitabile conseguenza del drammatico calo subìto a partire dal 2011. Da allora, secondo la banca dati Capital Iq, la perdita è stata del 98 per cento. Nelle ultime settimane la quotazione del titolo ha sfondato il pavimento di 0,5 euro, toccando così il minimo storico di 45 centesimi.

A poco, come detto, sono serviti i due aumenti di capitale varati nel frattempo. Il primo, da oltre due miliardi, venne concluso nel luglio 2011. Il secondo, dal valore di circa 5 miliardi, risale allo scorso aprile. In sei mesi quest’ultima ricapitalizzazione è andata in fumo sui timori di una bocciatura (poi verificatasi) in occasione del Comprehensive Assessment della Bce. Gli esami di Francoforte hanno messo in evidenza una carenza di capitale di 2,1 miliardi, che dovrà essere colmata da un aumento di capitale (il terzo) da almeno 2,5 miliardi, che sarà portato a termine entro il prossimo giugno.

Il gruppo rimane la terza banca italiana per importanza, grazie ad asset in gestione per 199 miliardi, una rete di oltre 2mila sportelli e crediti alla clientela per 132 miliardi. E anche dal punto di vista industriale, negli ultimi 12 mesi di gestione Viola-Profumo, la banca sta mostrando una tenuta del margine di intermediazione. Ma se gli investitori hanno scelto di punire il titolo in Borsa è soprattutto per le prospettive reddituali, che appaiono non certo rosee. A pesare è soprattutto la massiccia dose di rettifiche aggiuntive, pari a 4,18 miliardi, che la Bce ha evidenziato nel corso dell’Aqr. Già nel corso trimestre i maggiori accantonamenti sono stati parzialmente realizzati, come dimostra la perdita di circa 800 milioni accusata nel terzo trimestre. Ma il peso maggiore delle extra-rettifiche potrebbe essere scaricato soprattutto nell’ultimo trimestre dell’anno, gravando così sui conti del 2014.

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