
Marco Fossati, ha comunicato ieri alla Consob di essere sceso dal 5% all’1,989% del capitale ordinario Telecom, secondo quanto riferito da Findim «con vendite frazionate sul mercato di Borsa», dove il titolo ha chiuso ieri a 1,02 euro (-0,49%). Ciò non ha impedito di riportare una perdita di circa 68 milioni rispetto all’ultimo valore in bilancio, di 1,19 euro per azione, già svalutato rispetto al costo storico, con il primo pacchetto che nel 2008 era stato accumulato a un prezzo medio di 1,9 euro. Da Lugano motivano la scelta con «un’esigenza di diversificazione del portafoglio» e con «una valutazione dei rischi di mercato». La partecipazione «non è più ritenuta strategica, bensì finanziaria», ma Findim fa sapere che comunque rimarrà «attenta alla valorizzazione della società, guardando ai possibili catalizzatori di crescita come il consolidamento del mercato brasiliano, del mercato europeo, del mobile in Italia e gli nvestimenti in banda ultralarga».
È un dato di fatto, in ogni caso, il cambio di rotta rispetto solo a pochi mesi fa quando Fossati aveva tenuto contatti con Vincent Bollorè, presidente di Vivendi in predicato di subentrare a Telefonica con una quota dell’8,3%, per cercare di formare un nucleo stabile nell’azionariato di Telecom. Questo dopo aver sfidato Telco, chiamando nel dicembre del 2013 un’assemblea per la revoca del board, non passata per un soffio, e aver proposto Vito Gamberale alla presidenza per il rinnovo del consiglio, giunto ad aprile a scadenza naturale.
Con la discesa di Findim nell’azionariato - un po a sorpresa sulla tempistica - anche l’ultimo socio stabile del dopo-Olimpia avvia il disimpegno, mentre la compagine riunita in Telco (Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa) che detiene il 22,4% e ha già deciso di separarsi, rischia invece di essere ancora l’azionista di riferimento di Telecom alla prossima assemblea del 20 maggio. Questo perchè l’Anatel, l’Auhtority brasiliana delle tlc, ha condizionato lo scioglimento della holding alla «sospensione di tutti i diritti politici di Telefonica», disponendo nella delibera del 22 dicembre il recepimento delle sue condizioni nello statuto di Telecom Italia.
Disposizioni volte ad «assicurare - si legge nel documento - che a Telefonica sia sempre impedito di accedere, partecipare, esercitare il veto, registrarsi per raggiungere il quorum relativamente a qualsiasi deliberazione di Telecom Italia o sue controllate». Secondo l’Authority, il gruppo presieduto da Cesar Alierta non potrebbe neppure assistere alle assemblee astenendosi dal voto. L’Anatel ha chiesto quindi che entro sessanta giorni dalla delibera Telecom le sottoponga la bozza aggiornata dello statuto, termine che scade il 20 febbraio. Quindi, della questione si dovrà parlare nella riunione del consiglio di oggi che pure è di natura informativa e preparatoria per la definizione del piano industriale, oppure in quella già convocata per il 19 febbraio, per l’esame del preconsuntivo 2014 e del budget 2015.
In linea di massima le modifiche statutarie devono essere approvate da un assemblea straordinaria che, nel caso, non sarebbe convocata prima di quella ordinaria per l’approvazione del bilancio, fissata per il 20 maggio. Tuttavia, trattandosi di disposizioni di un Autorità a cui adeguarsi necessariamente (vale a dire la proposta non può essere bocciata dai soci), esiste anche un interpretazione giuridica secondo cui basta, in questi casi, una delibera del consiglio di amministrazione per modificare lo statuto. La differenza è che i tempi di scioglimento di Telco sarebbero allungati nel primo scenario almeno fino alla tarda primavera, oppure non ritardati nel secondo scenario, riportando la palla nel campo delle Authority sudamericane che ancora devono esprimersi: il Cade (l’antitrust brasiliana) e le autorità argentine dove Telefonica opera in concorrenza a Telecom Italia.
La questione ha riflessi anche sull’iter autorizzativo dell’acquisizione di Gvt da parte di Telefonica. Anche qui manca ancora il via libera del Cade, mentre l’Anatel, sempre il 22 dicembre scorso e con lo stesso relatore Igor Vilas Boas de Freitas, ha dato un ok condizionato all’operazione, pretendendo tuttavia da Telefonica una richiesta separata per il passaggio dell’8,3% di Telecom a Vivendi (le azioni non saranno disponibili fino allo scioglimento di Telco).
Già nella delibera di fine dicembre si sollevavano dubbi sulla permuta tra azioni Telefonica Brasil, che nella versione iniziale doveva essere l’unica parte in natura” del corrispettivo da versare a Vivendi, e azioni Telecom Italia che poi sono state messe sul piatto. «Non se ne comprende lo scopo », scriveva l’Anatel a proposito di quest ultimo passaggio.